Mafia, inchiesta “Xydi”: per l’ex avvocato Angela Porcello condanna a 15 anni e 4 mesi

AGRIGENTO- Quindici anni e quattro mesi di reclusione è la pena inflitta all’ex avvocato Angela Porcello dal Gup del Tribunale di Palermo Paolo Magro. I pubblici ministeri della Dda di Palermo, Claudio Camilleri, Gianluca De Leo e Francesca Dessì, avevano chiesto la condanna a 18 anni. Il processo si è svolto con il rito abbreviato.

La penalista, mancata collaboratrice di giustizia, avrebbe trasformato il suo studio legale di Canicattì nel quartier generale del mandamento di Cosa nostra veicolando all’esterno i messaggi del boss Giuseppe Falsone. All’ex compagno, Giancarlo Buggea, sono stati inflitti 20 anni di reclusione.

Nel corso delle investigazioni, sono state accertati i legami del clan col superlatitante Matteo Messina Denaro.  “Nel suo studio – avevano aggiunto i pm nella requisitoria – ha tenuto summit e messo insieme i capi mafia di diverse province e realtà territoriali per discutere di strategie e dinamiche. Una vera e propria consigliori e cassiera del clan”. In tutto sono state decise 15 condanne e 5 assoluzioni.

L’ex avvocato avrebbe strumentalizzato la sua attività innanzitutto per incontrare il boss Giuseppe Falsone al 41 bis e veicolare i suoi messaggi dal carcere. Angela Porcello avrebbe fatto anche da “cassiera” del mandamento promuovendo e organizzando una serie di incontri con associati anche di altre province.

In questo troncone processuale su un altro avvocato di Canicattì, Annalisa Lentini , pendeva l’accusa di falso e procurata inosservanza di pena perchè avrebbe contraffatto, insieme alla collega Porcello e a un altro penalista (Calogero Lo Giudice processato a parte nel troncone ordinario),  la data di spedizione di una raccomandata al fine di rimediare a un errore nella presentazione dell’atto di appello di una condanna, nei confronti di un cliente della Porcello, che era diventata definitiva. Il giudice l’ha ritenuta colpevole condannandola a un anno e 8 mesi di reclusione.

Queste tutte le condanne, fra parentesi le richieste di pena: Giancarlo Buggea, 20 anni (20 anni); Angela Porcello, 15 anni e 4 mesi (18 anni); Giuseppe Grassadonio, 8 mesi (1 anno); Giuseppe Sicilia, 18 anni, 8 mesi (18 anni e 8 mesi); Calogero Paceco, 8 anni (10 anni e 8 mesi); Simone Castello, 12 anni (12 anni); Antonino Oliveri, assolto (10 anni e 8 mesi); Diego Cigna, 10 anni e 6 mesi (10 anni e 8 mesi); Gregorio Lombardo, 17 anni e 4 mesi (12 anni); Luigi Boncori, 20 anni (20 anni); Giuseppe D’Andrea, 3 anni e 4 mesi (4 anni); Luigi Carmina, assolto (10 anni e 8 mesi); Gianfranco Gaetani, assolto (10 anni e 8 mesi); Gaetano Lombardo, 3 anni e 4 mesi (10 anni e 8 mesi); Giuseppe Pirrera, assolto (2 anni e 8 mesi); Giovanni Nobile, assolto (2 anni e 8 mesi); Annalisa Lentini, 1 anno e 8 mesi (2 anni e 4 mesi); Vincenzo Di Caro, 1 anno (2 anni); Giuseppe Giuliana, 8 anni e 8 mesi (16 anni e 8 mesi); Calogero Di Caro, 20 anni (20 anni).

L’inchiesta avrebbe pure svelato i componenti della nuova Stidda che si sarebbe contrapposta alla famiglia di Cosa Nostra. Ipotizzate anche una serie di estorsioni, in particolare nel settore delle mediazioni agricole.

“La decisione circa la pena – dice il difensore dell’ex collega Angela Porcello – , che ci sembra oltremodo esagerata, ci coglie di sorpresa. Ci riserviamo una più approfondita valutazione all’esito della lettura delle motivazioni. Ci pare tuttavia che la ratio del rito abbreviato sia stata di fatto vanificata e non sia stata tenuta in debito conto la collaborazione offerta dalla mia assistita”.

Scozzari aggiunge: “Certamente questa sentenza non costituisce un bel segnale per quanti, anche lontanamente, pensano di intraprendere la via della collaborazione, con tutti i rischi che ne conseguono”.

Assolto il commerciante favarese Giuseppe Pirrera che era  accusato di favoreggiamento aggravato per avere fatto da intermediario fra Buggea e alcuni emissari di Cosa nostra americana, trasmettendo messaggi criptici fra loro e consentendo che si riunissero nel suo negozio di Favara. Già in sede cautelare i vari giudici che si erano occupati del caso avevano escluso la sussistenza dei gravi indizi.