MAFIA, DA PALMA A BOSS DI ROMA: IN CARCERE SALVATORE NICITRA RE DELLE SLOT MACHINE
Era «l’ultimo tassello» mancante, l’uomo chiave della mala romana tra Banda della Magliana e i nuovi gruppi criminali da cui era rispettato e temuto. Salvatore Nicitra, «l’ingegnere», siciliano classe 1957, è stato raggiunto ieri da una ordinanza di custodia cautelare in carcere in una maxioperazione dei carabinieri e disposta dai magistrati della Dda romana.
Il signore indiscusso delle slot machine all’ombra del Colosseo, era a capo di una organizzazione che con modalità mafiose gestiva su Roma il settore delle apparecchiature per il gioco d’azzardo. La lunga attività di indagine, andata avanti per oltre due anni, ha portato anche a risolvere 5 cold case, quattro omicidi e uno tentato, che risalgono alla fine degli anni ‘80 e in cui «Sergio», il nome scelto dal boss per la latitanza, ha avuto un ruolo di promotore ed esecutore nella fratricida lotta nata per accaparrarsi fette di potere criminale dopo il tramonto dell’era Magliana.
“Io sono un boss, metto macchinette e slot machine dove voglio. Su tutta Roma”, dice Nicitra in una intercettazione.
Il suo lungo percorso, secondo quanto ricostruito in passato dai carabinieri, nella «mala» capitolina risale ad oltre 30 anni fa, anni ‘80, durante i quali si ritaglia un ruolo di primo piano nelle attività illecite nel quadrante fra Montespaccato, Aurelio, Primavalle, Cassia e Monte Mario. Nel giugno del 1993 mentre Nicitra è in cella per accuse di mafia, scompaiono il fratello Francesco e il figlio Domenico di 11 anni. L’amico di Franco Giuseppucci e referente di Enrico De Pedis (in arte Renatino) è stato un punto di riferimento per i vari comparti dell’attività illecita a Roma.
«Io avevo le case da gioco più importanti di Roma e di Italia – racconta non sapendo di essere intercettato -. I soldi che guadagnavo neanche il casinò li guadagnava. Avevo le case da gioco con ville e con i camerieri: guadagnavo 100 mila euro a notte»
Con lui ieri sono finiti in carcere 27 persone mentre ai domiciliari si trovano le donne del clan: la madre, la figlia, la compagna e la segretaria di Nicitra che secondo gli inquirenti avevano un ruolo primario nell’attività illecita. In tutto 38 arresti.
Sono stati sequestrati beni per un valore complessivo di 15 milioni di euro. Il nome di Nicitra è legato anche alla gestione di due ristoranti del centro storico. L’attività di indagine si è basata anche su una serie di verbali di collaboratori di giustizia, tra cui Giuseppe Marchese, cognato di Leoluca Bagarella, Antonio Mancini e Maurizio Abbatino (ex Magliana), che tra il 1993 e il 1995 avevano raccontato dell’ascesa di Nicitra. Una ascesa passata attraverso anche una serie di omicidi, avvenuti a Primavalle e nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, cold case ora risolti. Una scia di sangue che porta la firma del «professore».