MA CHI E’ IL PD? L’ELEZIONE DI CATANZARO SVELA L’OBLIO

Un partito si irrobustisce o si assottiglia a seconda del risultato elettorale. Il carro è pieno quando c’è il vincitore, inversamente popolato quando il cavallo azzoppa.

L’esito del Pd, in provincia di Agrigento e a Sciacca, è il termometro di un partito che è stato retto da logiche ristrette in ambiti egoistici e personalistici. O meglio, da un gruppo che la realtà odierna svela tutti i limiti di una classe dirigente che non è stata all’altezza di un partito da consolidate tradizioni. Un partito ostaggio di cordate che le elezioni di giorni fa hanno spazzato via. Un partito ridotto in provincia di Agrigento ad un modesto 10,7% con un totale di 18.525

I numeri sono lo specchio di una verità inconfutabile. Una certa classe dirigente, che ha avuto in mano le redini del partito, ha condotto una politica che è decisamente contraria all’idea di includere. La voglia di escludere, di non ascoltare, ha prevalso inducendo tanti giovani ad allontanarsi dal partito. Un partito che perde anche il sostegno della Cgil, il suo sindacato di nobili tradizioni. I perché dovrebbero essere il teatro stabile di interrogativi, discussioni, analisi. Invece, il copione originale si lascia per improvvisare la recita dell’improvvisazione. Ma questa dote è dei grandi attori, categoria che il Pd non annovera. Anzi, ha messo in scena qualche comparsa da farsa.

A Sciacca, il Pd del dopo elezioni svela tutta la sua contraddizione, mette sul tavolo gli errori compiuti. Là dove non prevale la logica, la capacità di includere, l’arte del dialogo, è prevalsa quella dei numeri che sono meravigliosamente eloquenti. Insomma, per dirla come il grande attore napoletano Massimo Troisi descrivendo un fase di un suo sogno, “io parlo” anche se i miei aguzzini dicono “forse, ma non è sicuro, ti torturiamo se non parli”.

A Sciacca, il risultato elettorale del Pd è stato di 2.924 voti. Nel 2012 il partito aveva ottenuto 1.659 voti. A primo acchito sembra un grosso risultato, il raddoppio di un consenso. Ma non è così. Anzi è il contrario, e dimostra come il Pd sia stato condotto alla deriva. Basta pensare che la logica di talune menti locali che si sono ritenuti leader, se non statisti, era quella del “meno siamo è meglio è”. Era questa la frase consolatoria nel constatare la spinta centrifuga che induceva tanti a girare le spalle al partito. Un caso è una schiera di giovani inascoltati, non considerati. Giovani che hanno deciso di continuare a interessarsi di politica impegnandosi, con successo, in movimenti civici.

Tanta gente senza voti si è vista, e si vede ancora, attorno ad un partito che da tempo accusa agonia. Tanta gente che esulta alla proclamazione a deputato regionale di Michele Catanzaro. Ma è da qui che, adesso, è necessario che si gettino le basi sulla riorganizzazione del Pd. Non solo, ovviamente, a Sciacca ma su tutto il territorio agrigentino.

Ritorniamo a Sciacca. Dal 2012 al 2017 si sono sviluppati elementi nell’area PD di robusto rilievo. Un periodo di cinque anni nel quale si incorre nell’errore valutare il risultato locale del partito come una vittoria frutto di una politica e ha trovato attrazione nel tessuto sociale.

Proprio il risultato di 2.924 voti rispetto ai 1.659 del 2012 pone un punto di domanda: dov’era il partito? Nell’ultimo scorso del quinquennio preso in considerazione, si sono verificati elementi tali da avvalorare il ragionamento che il partito era allo stato di liquifazione.

C’è stato l’ingresso di Michele Catanzaro e del suo gruppo. Saranno simpatici o no, ma la realtà dei numeri è inconfutabile. Rappresentano un peso elettorale proveniente, in larga misura, da ambienti non del Pd. Gruppo che ha preso, da più di un anno, le redini del partito. Michele Catanzaro è stato eletto segretario cittadino, il suo braccio destro Gioacchino Settecasi ha assunto il ruolo di capogruppo consiliare nella precedente consiliatura. Oggi è assessore.

Altro elemento di indubbio apporto è stato l’arrivo organico al Pd del gruppo di Nuccio Cusumano e Filippo Bellanca. I due si sono tesserati al partito, ne fanno parte integrale. Non a caso, la forza del gruppo Catanzaro e Cusumano-Bellanca è stato determinante nella scelta del candidato sindaco alle scorse elezioni amministrative, culminate con la vittoria elettorale. Francesca Valenti è una creatura politica di Michele Catanzaro, fortemente e prontamente appoggiata da Cusumano e Bellanca. Ricordiamo che, ancora con riserva da sciogliere, l’allora Sciacca Democratica presentò ufficialmente la candidatura della Valenti.

Dunque, appare evidente come tra il risultato del 2012 e quello del 2017 c’è una verità che ribaltare è difficile. Quel risultato del 2012 sarebbe stato ancora più in giù, oggi, senza la spinta del gruppo di Catanzaro e di Cusumano-Bellanca. Segno evidente di una crisi gestionale del partito che ha portato fuori da esso tante risorse, approdate poi nell’ala più a sinistra, o in movimenti civici.

E’ questa la forza propulsiva del partito di Renzi a Sciacca. Non è certamente l’organizzazione di defilè di moda le cui modelle sono stati ministri, sottosegretari, o firme di concessione, dei giorni scorsi a innalzare l’asticella del consenso del Pd. O la presenza di assessori regionali, o la presenza nella nostra provincia del vice presidente della Regione del governo, da dimenticare, di Saro Crocetta.

Filippo Cardinale


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