L’ULTIMO DISCORSO ALLA NAZIONE DI NAPOLITANO
La crisi e la questione sociale, le imminenti elezioni, il sacrifici imposti dal governo Monti e il ruolo dello stesso premier dimissionario nel futuro politico dell’Italia. Nel suo discorso di fine anno, l’ultimo del settennato, Giorgio Napolitano non dà «giudizi e orientamenti di parte, e neppure programmi per il governo del Paese», ma riflessioni per «una considerazione più attenta e partecipe della realtà del Paese». E lo fa partendo da quella che chiama «questione sociale», «situazioni gravi di persone e di famiglie che bisogna sentire nel profondo della nostra coscienza e da porre al centro dell’attenzione e dell’azione pubblica». Ma anche guardando «all’unità nazionale come bene primario da tutelare e consolidare».
CRISI – Il presidente parla «di una realtà sociale duramente segnata dalle conseguenze della crisi con cui da quattro anni ci si confronta su scala mondiale, in Europa e in particolar modo in Italia». Parla di povertà e disoccupazione: «Ricevo lettere da persone che mi dicono dell’impossibilità di vivere con una pensione minima dell’Inps, o del calvario della vana ricerca di un lavoro se ci si ritrova disoccupato a 40 anni».
DEBITO – E se le «scelte di governo obbligano i cittadini a sacrifici» e «contribuiscono a provocare recessione», Napolitano sottolinea: «Guai se non si fosse compiuto lo sforzo di ridurre il nostro debito pubblico, i cui interessi ci costano attualmente più di 85 miliardi di euro all’anno, e se questo enorme costo potrà nel 2013 e nel 2014 diminuire, è grazie alla volontà seria dimostrata di portare in pareggio il rapporto tra entrate e spese dello Stato». Ma va fatto un ulteriore sforzo: «Si deve agire distribuendo meglio, subito, i pesi dello sforzo di risanamento indispensabile, definendo in modo meno indiscriminato e automatico sia gli inasprimenti fiscali sia i tagli alla spesa pubblica che va liberata da sprechi e razionalizzata. È entro questi limiti che si può agire per affrontare le situazioni sociali più gravi».
FIDUCIA – Napolitano non nasconde che il 2013 sarà un altro anno carico di difficoltà, ma da affrontare contando sugli italiani e sull’Italia. Tanto più che, sottolinea, «c’è stato un ritorno di fiducia nell’Italia, hanno avuto successo le nuove emissioni di Buoni del Tesoro, si è ridotto il famoso spread che da qualche anno è entrato nelle nostre preoccupazioni quotidiane». E il risanamento può procedere solo restando dentro l’Europa: «Uscire dalla recessione e rilanciare l’economia è possibile solo insieme all’Europa, portando in sede europea una più forte spinta e credibili proposte per una maggiore integrazione, corresponsabilità e solidarietà nel portare avanti politiche capaci di promuovere realmente, su basi sostenibili, sviluppo, lavoro, giustizia sociale. L’Italia in Europa non può essere un passivo esecutore».
ELEZIONI – Per quanto riguarda la nostra politica interna, la coalizione che uscirà vincente dalle prossime elezioni avrà dei compiti precisi, indicati dal capo dello Stato: «Su tematiche cruciali ancora eluse in questa legislatura – riforme dell’ordinamento costituzionale, riforma della giustizia – non si può dimenticare che saranno necessari nel nuovo Parlamento sforzi convergenti, contributi responsabili alla ricerca di intese». Ma prima, dopo la mancata riforma della legge elettorale (per cui il presidente ha espresso «rammarico»), la prova d’appello per le forze politiche è rappresentata dalla qualità delle liste che presenteranno: «Sono certo che gli elettori ne terranno il massimo conto». Anche perché, si chiede il presidente, «che dire dell’indignazione che suscitano la corruzione in tante sfere della vita pubblica e della società, una perfino spudorata evasione fiscale o il persistere di privilegi e di abusi nella gestione di ruoli politici e incarichi pubblici?».
GIOVANI – E «l’afflusso di energie finora non rivoltesi all’impegno politico può risultare vitale per rinnovare e arricchire la nostra democrazia». Dal presidente arriva anche un’indicazione per la campagna elettorale: «Mi attendo che ci sia senso del limite e della misura nei confronti e nelle polemiche, evitando contrapposizioni distruttive e reciproche invettive». Duro l’attacco contro «il rifiuto o il disprezzo della politica, che non porta da nessuna parte, è pura negatività e sterilità». D’altra parte, dice il presidente Napolitano rivolto ai giovani, avete ragioni da vendere per «indignarvi, nel prendere atto di pesanti errori e ritardi, scelte sbagliate e riforme mancate», ma trovate la forza per «reagire».
MONTI – Anche il ruolo del premier dimissionario Mario Monti nella futura scena politica è stato oggetto delle riflessioni di Napolitano: «Il senatore Monti ha compiuto una libera scelta di iniziativa programmatica e di impegno politico. Egli non poteva candidarsi al Parlamento, facendone già parte come senatore a vita. Poteva, e l’ha fatto, non è il primo caso nella nostra storia recente, patrocinare, dopo aver presieduto un governo tecnico, una nuova entità politico-elettorale, che prenderà parte alla competizione al pari degli altri schieramenti». Per il momento, durante la campagna elettorale, «il presidente del Consiglio dimissionario è tenuto ad assicurare entro limiti ben definiti la gestione degli affari correnti e ad attuare leggi e deleghe già approvate dal Parlamento».
CARCERI E VIOLENZA – Napolitano ha poi dedicato ampio spazio alla realtà sociale del Paese, toccando temi come le carceri, la violenza sulle donne, l’immigrazione. «La realtà angosciosa delle carceri è un dato persistente di inciviltà da sradicare in Italia» ha detto il presidente, plaudendo tuttavia alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, «autentico orrore indegno di un Paese appena civile». La violenza domestica è definita dal capo dello Stato «impressionante», così come «lo stillicidio di barbare uccisioni di donne».
DEDIZIONE – Un pensiero «commosso e riconoscente» è stato rivolto dal presidente alla «grande figura di Rita Levi Montalcini», morta domenica, «che tanto ha rappresentato per la causa della scienza, dell’affermazione delle donne, della libertà e della democrazia». Infine, in chiusura del discorso durato 20 minuti poche, semplici parole per rivendicare il proprio impegno: «Ho per ormai quasi sette anni assolto il mio compito, credo di poterlo dire, con scrupolo, dedizione e rigore. Ringrazio dal profondo del cuore tutte le italiane e gli italiani, di ogni generazione, di ogni regione, e di ogni tendenza politica, che mi hanno fatto sentire il loro affetto e il loro sostegno».