L’Ati aveva tutti gli strumenti per controllare Girgenti Acque. Come è stato possibile quello che è accaduto?
PROVINCIA DI AGRIGENTO. Di Filippo Cardinale
C’è una ragione precisa nelle parole dei magistrati della Procura di Agrigento sulla vicenda che ha scoperchiato, certo per ora soltanto per la fase del procedimento penale in corso, la vicenda di Girgenti Acque, dove gli stessi si soffermano su un fatto che si rivelerà importante: ma come è stato possibile che sia potuto accadere? Ma chi doveva vigilare lo ha fatto?
I soggetti che avrebbero dovuto vigilare sono diversi, ma uno su tutti: l’ATI di Agrigento, all’inizio ATO.
Tutti sappiamo che l’ATI di Agrigento, istituita a seguito della legge regionale n. 19 del 2015, svolge secondo quanto previsto dallo statuto diversi compiti, alcuni dei quali molto rilevanti per gli effetti e le conseguenze che hanno nella gestione del servizio idrico dei Comuni che ne fanno parte e dei loro cittadini, con enormi refluenze sui costi che questi ultimi devono sostenere.
Lo statuto prevede che i costi di funzionamento dell’ATI gravino sulla tariffa dei corrispettivi per la fornitura del servizio idrico (insomma le bollette) secondo la previsione dell’art. 20, e questa viene approvata, insieme a tante altre cose, dall’Assemblea dei rappresentanti, che altro non sono che tutti i sindaci dei comuni che costituiscono l’ATI, ciascuno dei quali ha un peso diverso, cioè un numero di voti ciascuno proporzionale al numero dei loro abitanti.
Una prima cosa importante è l’art. 7, comma 1, lett. d) dello statuto che prevede espressamente l’approvazione da parte dell’Assemblea dei rappresentanti del rapporto annuale redatto dagli uffici dell’ATI sulla attività di controllo e vigilanza della gestione dei servizi idrici. Sarebbe interessante leggere questi rapporti.
Una parte di grande rilievo, per quello che poi è stato fatto, è la lettera l) che prevede che l’affidamento del sevizio venga svolto in convenzione – secondo un apposito disciplinare – con i soggetti gestori, nella specie Girgenti Acque, convenzione che deve avere precise priorità.
Accanto all’assemblea dei rappresentanti c’è il consiglio direttivo, eletto proprio dall’Assemblea e poi il presidente che presiede Consiglio ed Assemblea. Il consiglio ha i compiti di effettiva gestione e tra di essi, all’art. 14, comma 2, lett. b), è collocata una particolare previsione che è opportuno riportare integralmente: “promuove presso le autorità competenti i provvedimenti che si rendano necessari per il perseguimento dei fini dell’ATI”.
Ma a nostro modo di vedere l’articolo più importante, per quello che è successo, è l’art. 17 che stabilisce che gli organi dell’ATI devono garantire che i gestori del servizio (Girgenti Acque) attuino nei rapporti con gli utenti tutti i principi sulla erogazione dei servizi pubblici. A tal fine è stata approvata, da ultimo con l’assemblea dell’ATI dell’ottobre 2017, la carta dei servizi.
Detto questo andiamo alla convenzione tra l’ATI e Girgenti Acque. Quest’ultima è stata stipulata nel novembre del 2007, e poi integrata successivamente dopo l’insediamento dell’ATI avvenuto nel 2016. Proprio questa integrazione ha introdotto l’art. 7 ter che prevede la verifica della “sostenibilità economico-finanziaria e tecnica” delle azioni, il “programma degli Interventi e il piano economico-finanziario”, “approvare gli atti di propria competenza sulla base di istruttorie appropriate, per mantenere il necessario grado di affidabilità, chiarezza, coerenza e trasparenza”. Dal canto suo Girgenti Acque avrebbe dovuto “garantire la gestione del servizio in condizioni di efficienza, efficacia ed economicità, promuovendo il miglioramento delle prestazioni erogate agli utenti e dello stato delle infrastrutture, secondo le priorità stabilite dall’ATI” e “sostenere i rischi connaturati alla gestione, a fronte dei quali percepisce i ricavi da corrispettivi tariffari, secondo la normativa vigente”.
Infine, e ci fermiamo qui, L’ATI avrebbe dovuto assicurare che quanto previsto dalla convenzione avrebbe dovuto consentire “l’obiettivo di raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario, secondo criteri di efficienza” ed entrambe le parti, cioè ATI e Girgenti Acque avrebbero dovuto “concorrere, sulla base delle rispettive responsabilità, a perseguire il raggiungimento e mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario”.
Ma allora chi doveva controllare con i poderosi strumenti previsti dallo statuto, dalla convenzione e dalla carta dei servizi, che il servizio fosse svolto con criteri di efficienza, economicità e soprattutto onestà?
La risposta è chiara: l’ATI. Ma lo ha fatto? L’ATI aveva amministratori, uffici, consulenti e professionalità che ben potevano verificare quale fosse l’andazzo. Allora le cose sono due: o tutto questo è stato fatto all’insaputa di chi avrebbe dovuto controllare nel dettaglio, ed allora abbiamo qualche dubbio sulle competenze e la professionalità di tutte le componenti dell’ATI oppure a pensarci bene la cosa è ancora peggiore.
L’ATI tace, anzi continua a tacere, quando sarebbe opportuno che informasse il popolo degli utenti di quello che sta facendo, ammesso che stia facendo qualcosa. E che soprattutto fornisse i rapporti – se esistono – di controllo e vigilanza che abbiamo visto essere previsti dallo statuto.
La Procura continua nel suo lavoro e noi aspettiamo di conoscere chi siano ancora questi 80 indagati; il numero è già preoccupante.