L’ACQUA, STORIA DANNATA DELLA NOSTRA PROVINCIA. LA POLITICA CONTINUA A GUARDARE
Forse è necessario andare a ritroso nel tempo e arrivare al 2002 quando la siccità colpì il territorio agrigentino fino alla sete. Forse è stato dimenticato che la grave emergenza idrica costrinse il governo regionale a nominare commissari straordinari e si istituirono comitati tecnici in Prefettura ad Agrigento. Forse è stato dimenticato che era vitale dividere la poca acqua che c’era.
Noi ricordiamo che l’emergenza idrica di allora era dovuta alla siccità, non pioveva, le reti e le condutture idriche erano colabrodo come oggi. Ma oggi, al contrario di allora, ad invasi pieni si rischia fortemente l’emergenza idrica.
Stavolta la natura c’entra poco, anzi niente. Oggi l’emergenza è figlia della non decisione, della perdita di tempo. La “nuova” sete è figlia della perdita di tempo della politica. A prospettare la precarietà di una situazione idrica non è solo qualche sparuto giornalista, spesso preso di mira perché è fuori dal coro, quel coro dell’incoscienza e della superficialità della politica, coro nel quale fanno parte anche diversi colleghi che fanno finta che nulla accade, o forse hanno bisogno delle veline o comunicati stampa per usare la penna.
La preoccupazione di un quadro idrico assai precario che riguarda la nostra provincia è stata colta anche da un deputato regionale acuto. Margherita La Rocca Ruvolo, che è anche sindaco di Montevago e componente dell’Ati idrico di Agrigento.
La preoccupazione è colta anche dall’avvocato Giuseppe Di Micel,i rappresentante di Konsumer Sicilia. Da mesi, Konsumer, associazione di consumatori, sottolinea che non si può andare avanti in questo modo. L’acqua per arrivare a casa dell’utente necessita di un gestore, non ci arriva da sola. C’è bisogno delle reti idriche, di manodopera, di fatturazioni del consumo e di incassarne la vendita per coprire le spese.
Girgenti acque è un’azienda praticamente fallita, raggiunta da provvedimenti antimafia emessi dal Prefetto di Agrigento e dallo stesso commissariata e non lo è da ieri. Senza un qualsiasi gestore, l’acqua non arriva ai cittadini utenti. Non è cosa di poco conto.
L’ATI, intanto, presieduta da Francesca Valenti, sindaco di Sciacca, continua a segnare il passo. Parla di gestione consortile, ma non va oltre. I sindaci sembrerebbero essere orientati alla costituzione di un’azienda consortile speciale. Ciò si tradurrebbe nel lavoro di 43 Consigli comunali che devono approvare la scelta. Un lungo lavoro che dovrebbe spingere maggiormente a non perdere altro tempo. .
L’attuale gestore dell’acqua finanziariamente agonizzante, adesso deve affrontare e soddisfare la richiesta dell’Ati a incassare oltre 830mila euro per il recupero di canoni. In questo quadro, nel corso della riunione di ieri sera dell’Assemblea dei sindaci, è emersa l’assenza di una strategia per garantire il futuro del funzionamento del sistema idrico in provincia di Agrigento. È anche emerso che non è ancora pronto neanche un riscontro completo e oggettivo sulla questione dei comuni non consegnatari, il cui iter di riconoscimento del diritto alla gestione diretta è ancora in alto mare, nonostante dovesse concludersi entro il 30 maggio.
Questa è l’emergenza idrica del 2019, dalla quale probabilmente, come in passato, ci salveranno i commissari straordinari, lo Stato, la Regione, la Divina Provvidenza con qualche miracolo, ma non l’ATI idrico.
Il Prefetto di Agrigento, Dario Caputo, è un rappresentante dello Stato serio e coraggioso. Ha in mano le sorti dei cittadini della provincia di Agrigento attraverso il bene vitale, l’acqua. Troppi mesi sono trascorsi senza un risultato da parte della politica. Forse è auspicabile che la stessa ATI venga commissariata e venga affidata a commissari prefettizi che abbiamo quella velocità e determinazione utili a dipanare una matassa che in provincia può incidere sull’ordine pubblico.
Filippo Cardinale