L’acqua pubblica apre un altro fronte di “guerra”: i ribelli non ci stanno a consegnare reti e impianti all’Ati

PROVINCIA DI AGRIGENTO. L’acqua pubblica apre un altro fronte di guerra. Non c’è pace. Se da un lato la “gestione pubblica” presuppone la condivisione di tutto, dalle fonti alle reti e impianti, tra i 43 Comuni che costituiscono l’ambito idrico che dovrà gestire la nascente società consortile.

Depongono il calumet della pace i comuni cosiddetti “ribelli” (per chi ha un sussulto con tale aggettivo, può essere utilizzato “non consegnatari”. Il fronte si apre all’interno dell’Ati, ma ah anche un altro fronte contro il decreto di nomina- da parte della Regione- del Commissario spedito all’Ati di Agrigento.

I comuni di Menfi, Santa Margherita Belice, Burgio, Cianciana, Santo Stefano di Quisquina, Bivona, Cammarata e Alessandria della Rocca hanno dato incarico all’amministrativista  Girolamo Rubino. Perché tale incarico? I Comuni “ribelli” vogliono accertare il Commissaria regionale nominato per superare il pantano in cui si è infilata la vicenda Ati. In buona sostanza, vogliono accertare se il Commissario abbia il potere di imporre a ricorrenti di consegnare reti e impianti, e nel caso, impugnare il decreto regionale che ne stabilisce tempi e modi.

E’ utile ricordare che nel decreto è stabilito che “all’attuale gestione commissariale di Girgenti Acque, nonché tutti gli altri soggetti in gestione autonoma ed in particolare, comuni, consorzi, società devono consegnare reti ed impianti, nel rispetto del quadro normativo vigente, all’azienda speciale consortile . Il presente decreto vale già come diffida in ordine al predetto adempimento che dovrà essere posto in essere e comunicato al Dipartimento regionale Acqua e Rifiuti entro il 28 febbraio 2021”.

Si va avanti con date come se vivessimo nella cultura europea che rispetta i tempi. Giova ricordare che che ad oggi l’azienda consortile non è stata ancora creata.

Un ricorso alle vie legali, da parte dei Comuni che furono ammessi al beneficio della gestione diretta (per quanto proprio il commissario dovrebbe adesso rivedere queste procedure che, secondo la Regione, furono erroneamente svolte dai soli uffici, ma richiedevano anche un passaggio formale in Ati) che lascia perplesse associazioni come Titano.

Intanto, l’associazione Titano critica il Commissario inviato all’Ati. “Tutto questo non sarebbe accaduto se avesse già sciolto definitivamente la questione del diritto alla gestione diretta, incaricando l’Arpa di effettuare i necessari e dovuti controlli sugli assetti fognari-depurativi di questi Comuni, per certificare che vengano gestiti nel rispetto delle norme vigenti, senza inquinare e senza compromettere in maniera negativa il corpo recettore, come impone la norma. I requisiti vanno posseduti al momento della nascita del nuovo soggetto gestore e non a fine 2021, o peggio a fine 2022 come stabilisce il nuovo Piano d’ambito. Come mai questi 8 comuni hanno ottenuto illegittimamente proroga di altri 2 anni per la verifica dei requisiti
necessari alla gestione autonoma? Ci aspettiamo adesso che la Regione faccia rispettare e tutelare i diritti dei cittadini dei 35 Comuni rimanenti e porti a termine, senza ulteriori proroghe o indugi, il proprio mandato nel rispetto delle norme e dei diritti di ognuno”.