LA SOLITUDINE DEL “SIGNOR B” DI SCIACCA

EDITORIALE

Solo contro tutti. Il signor B del sud, il sindaco Bono, segna un certo parallelismo con il premier Berlusconi. Ambedue sono alle prese con una preoccupante perdita di consenso, ambedue devono fare i conti con attacchi interni, ambedue devono fare i conti con la realtà dei fatti che impone scelte repentine. Ambedue hanno a che fare con tendenze centrifughe da parte degli alleati. Berlusconi sostiene che senza di lui, il centrosinistra torna al potere, Vito Bono dice che senza di lui, il centrodestra torna alla guida di Sciacca.

Ambedue sbagliano nel rievocare motivazioni datate e che comunque spettano all’elettorato, il quale è sovrano nelle sue scelte. Il popolo vota, ma poi si stanca anche di chi, anziché governare, impiega il suo tempo a ricomporre patologie litigiose. Sbaglia Vito Bono a persistere sul consenso ricevuto nel maggio del 2009. Non c’è più. E’ stata un’occasione persa e sfuggita. E’ acqua passata. Non riesce a rendersi conto che la distanza tra il primo cittadino e i saccensi è diventata chilometrica. In pari misura si allarga la distanza tra il sindaco e gli alleati.

E in questa baraonda di invettive, scambi di battute al vetriolo, il sindaco immagina che le colpe alberghino solo negli altri. Quello che dimentica di fare è di analizzare in maniera scevra la situazione. Se la maggioranza è cotanto fibrillante, buona parte della causa è proprio lui, incapace di esprime una leadership, di tenere il gruppo, di avere cultura politica. Il quadro politico gli è sfuggito inesorabilmente di mano, e nessuna “rimodulazione” di deleghe potrà mai essere efficace contro una patologia cronica. Si trova in un vicolo cieco.

Non ci sono molte vie da percorrere e la città si attende un atto di coraggio, ma anche di umiltà politica. Immaginare di andare avanti senza maggioranza e con una nuova giunta scelta autonomamente dal sindaco, significa semplicemente appesantire una situazione di per se già pesantissima. Il sindaco appare stanco, incapace di dipanare una matassa che è assai difficile dipanare. Giunti a questo punto, la classe politica di questa città, compresi gli uomini che più di tutti hanno un peso specifico, pensino al bene della città. Ritornare alle urne non è un tabù, né cosa grave. Cosa gravissima è, invece, far perdurare il quadro clinico della maggioranza che segna un encefalogramma piatto.

La maggioranza è ormai una famiglia alla deriva, dove i componenti litigano quotidianamente scambiandosi improperi. Non è uno spettacolo edificante. Nel caso in specie, sia per il padre di famiglia, sia per i figli stessi. E allora, in assenza di una decisone del pater familias, i figli decidano cosa fare, prima che sia tardi anche per loro stessi.

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