LA SICILIA VERSO LO SPOPOLAMENTO, NEL 2065 SAREMO 1.200.000 IN MENO

I numeri ufficiali, quelli sfornati da istituti importanti come Svimez, dipingono una Sicilia, ma anche il sud d’Italia, in modo impietoso ma veritiero. Un cammino che vede la Sicilia spopolarsi e nel 2065 conterà 3.914.000 abitanti a fronte degli attuali 5.056.000; un’emorragia di 1.212.ooo siciliani che renderanno la Sicilia di dimensioni ridotte,almeno dal punto di vista della popolazione.

Una desertificazione che avanza senza che provvedimenti statali adeguati possano fermare un trend socio-economico negativo da qualche decennio. Troppo tempo perso infruttuosamente, e le conseguenze si vedono tutte.

A tutto questo si aggiunga l’avanzare galoppante dello svuotamento di piccoli Comuni, nei quali mancano addirittura servizi importanti come il bancomat, ma anche l’ufficio postale che apre solo due giorni la settimana.

In Sicilia ci sono 89 comuni su 390 in cui non è possibile neppure prelevare al bancomat, perché non c’è. E in tanti altri piccoli centri l’ufficio postale, unica alternativa alle banche, non apre tutti i giorni o non ha il servizio di prelievo dei contanti.

Anche l’ANCI ha fotografato una Sicilia in un contesto drammatico evidenziando la crisi dei piccoli centri: effetto dello spopolamento in corso inesorabilmente da vent’anni ormai.

Svimez, ha pubblicato un dossier che lancia l’allarme sull’abbandono del Sud: le persone che sono emigrate dal Mezzogiorno sono state oltre 2 milioni nel periodo compreso tra il 2002 e il 2017, di cui 132.187 nel solo 2017. Gli emigrati non sono stati “sostituiti” da immigrati (neppure stranieri) né da nuove nascite: il saldo resta negativo. E in questo scenario ovviamente la Sicilia è centrale.

“Ci sono intere aree – dice Mario Emanuele Alvano, segretario generale dell’Anci – in cui vivere è diventato ancora più complicato perché mancano servizi essenziali”. A Roccamena e Salaparuta non c’è più nemmeno la pompa di benzina. A Villalba, nel Nisseno, non si trova più un meccanico e per sistemare un guasto bisogna andare a Mussomeli, 18 km più avanti. A Marianopoli manca pure l’elettricista: bisogna chiamarlo da Caltanissetta. E in una valanga di centri medio-piccoli diventa sempre più difficile mettere insieme il numero minimo di alunni per tenere aperte le scuole elementari e gli asili.

“A tutto questo – prosegue Alvano – si aggiunge una gravissima crisi del mercato immobiliare. Lo spopolamento dei paesi ha provocato altri effetti: rispetto alla popolazione che realmente è rimasta l’offerta di case è doppia e a volte anche tripla. Il valore degli appartamenti è dunque crollato. E così i Comuni tassano immobili del tutto svalutati provocandone la svendita o l’abbandono”.

È questo il contesto in cui si vive in aree vastissime della Sicilia: nelle Madonie, per esempio, ma anche nelle zone interne del Palermitano, del Trapanese e soprattutto del Messinese e del Nisseno. Questo dicono i dati dell’Anci Sicilia.

Una emergenza che scatta quando la riduzione demografica va oltre un fisiologico 10%. Ebbene dal ‘99 a oggi in Sicilia ben 156 comuni su 390 sono andati molto oltre il 10%. Il record negativo è a Mirabella Imbaccari, nel Catanese: 36,8% in meno di abitanti. Erano 7.536 vent’anni fa sono 4.764 oggi. Roccafiorita, Frazzanò, Malvagna sono intorno al 35% in meno. A Roccafiorita sono rimasti solo 186 residenti. A Mandanici 578, a Rocca Valdemone 640, a Basicò 592, a Campofelice di Fitalia 496, a Sclafani Bagni 426, a Gallodoro 363.