La sfida di Messina Denaro ai pm: «Sapevo dove mettevate le telecamere»
Continuano venire fuori nuovi particolari del lungo interrogatorio reso ai pm di Palermo dopo l’arresto da Matteo Messina Denaro, l’ex primula rossa della mafia siciliana arrestato il 16 gennaio scorso dopo una latitanza trentennale.
E lacuni di questi particolari rivelano l’atteggiamento di sfida che ha tenuto il boss davanti ai pm. «Tutte le telecamere di Campobello e Castelvetrano le so – ha detto durante l’interrogatorio – primo perché ho l’aggeggio che le cercava, che non l’avete trovato; e poi perché le riconosco».
Il padrino spiega come era in grado, da latitante, di individuare le videocamere piazzate nel trapanese dagli investigatori che gli davano la caccia. Al procuratore di Palermo che gli chiede dove avesse nascosto l’apparecchio usato per intercettare le telecamere, mai trovato nei covi del capomafia il boss risponde: «In un altro posto. No, a Campobello no, era un altro… non era in quella casa..». «Poi c’era un’altra cosa: – prosegue il boss – molte di queste telecamere, quando le piazzavano – perché all’inizio, quando iniziarono, erano tutte di notte, poi anche di giorno – c’era un segnale, il maresciallo dei ROS c’era sempre lui; appena si vedeva lui con due o tre fermi in un angolo, già stavano mettendo una telecamera, anche se ancora non avevano messo». «Va beh, ma lei non è che era sempre in giro?», gli dice il magistrato.. «No, me lo dicevano. Amici miei, che non dico».