La maggioranza e la giunta non si presentano in aula e perdono (la faccia) a tavolino

SCIACCA.

EDITORIALE DI FILIPPO CARDINALE

SCIACCA. Ieri sera è stato scolpito l’orrore politico più marcato della storia del Consiglio comunale di Sciacca. E’ accaduto, per la prima volta, che in aula vi è stata l’assenza dei consiglieri che sostengono l’attuale Amministrazione comunale. Tutti assenti tranne il presidente del Consiglio Pasquale Montalbano. Una presenza “di ruolo”. Gli altri sette erano tutti assenti. Un ammutinamento esteso anche alla giunta, interamente non presente. Neanche il vice sindaco, che per il ruolo di supplente riceve un’indennità superiore. Neanche la presenza di un assessore che a parola profonde quella frase ipocrita “onorato di servire la città”.

Diciamola fino in fondo. L’assenza dell’intera giunta e della maggioranza non si era mai verificata prima che iniziasse la seduta consiliare. Un’uscita di aula della maggioranza, compreso il Presidente del Consiglio, si verificò la scorsa consiliatura nel corso, però, dello svolgimento dei lavori consiliari.

Ma mai si era verificato quello che in gergo calcistico si chiama “sconfitta a tavolino”, che avviene quando una squadra non si presenta sul terreno di gioco. E ieri sera le squadre a non essersi presentate erano due: l’amministrazione comunale e i consiglieri che la sostengono.

Ieri sera non ne è uscito bene neanche il Presidente del Consiglio comunale il quale, come se fosse di parte, ha tentato di giustificare l’assenza della maggioranza e della giunta poiché all’ordine del giorno c’era il punto sul dibattito politico. Nel “giustificare” l’assenza di gruppo (maggioranza e amministrazione), il presidente Montalbano ha riferito in Aula che “amministrazione e maggioranza per impegni sopravvenuti” erano assenti. Sic et sempliciter. Erano tutti in convento? Ma non crede, il Presidente, che tale frase lede la sua immagine e offende il Consiglio comunale?

Si rammenta al Presidente che il Consiglio comunale è un organo politico, ma è anche la rappresentanza degli elettori. Si rammenta al Presidente che egli è il garante del Consiglio comunale nella sua interezza, opposizione e maggioranza. Si rammenta al Presidente del Consiglio comunale che egli è la sintesi, anche, dei diritti dei cittadini. Non presentarsi in aula per schivare il dibattito politico significa cancellare la sede deputata dove il consigliere comunale può esprimere la sua valutazione politica in rappresentanza degli eletti.

Il Presidente del Consiglio, professionista perbene e stimato, avendo indossato l’abito dell’appartenenza politica, molto evidente, ha infranto il suo ruolo di super partes.

Il Consiglio comunale ha avuto, nella sua storia recente e passata, belle testimonianze di presidenti del Consiglio comunali che hanno onorato il ruolo proprio del presidente dell’aula consiliare esaltando e tutelando il significato del mandato elettorale di chi compone il civico consesso. Francamente, dobbiamo evidenziare che questa catena di belle esperienze, onorate da personaggi di qualità, si è interrotta dall’inizio dell’attuale consiliatura.

L’attuale presidente del Consiglio comunale è distante anche dalla arena popolare. Non si cura di accertarsi se effettivamente l’unica finestra aperta verso il pubblico, quella telematica a causa dell’emergenza sanitaria, funzioni. Ieri sera la seduta non poteva seguirsi a causa del mancato collegamento. Quindi, è mancato l’elemento essenziale della democrazia, dare la possibilità alla gente di seguire i lavori. Dimostra, egli, una taratura mirata a proteggere solo una parte politica, quella che lo ha eletto al ruolo. Molto probabilmente, è l’effetto della poltrona più alta dell’aula consiliare a far deragliare dal vero significato dello scranno presidenziale.

Di fronte al grave “delitto politico” perpetrato ieri sera, il Presidente del Consiglio comunale avrebbe dovuto compiere un atto di onorabilità: prima criticare il “delitto politico”, poi dimettersi per garantire l’onorabilità del ruolo, della sua persona, dell’istituzione consiliare. Un triplete di garanzie che è stato calpestato per interesse di tutela della poltrona.

A questo punto è auspicabile che i consiglieri comunali che hanno a cuore la difesa della propria dignità personale e politica e l’interesse della città traggano le conseguenze, e non si accontentino più delle molliche di uno scorcio finale di consiliatura che, di fatto, allunga un’agonia che la città non può permettersi.