LA LEZIONE CHE VIENE DAI FAMILIARI DI SEBASTIAN: “BASTA CON LE POLEMICHE”

La zia della giovane vittima: “Il Carnevale è una macchina che non si può fermare, Sebastian non aspettava altro, amava questa festa e svolgerla è un modo per ricordarlo”

E’ il giorno dei funerali di Sebastian Soldano che ha perso la vita, giovedì sera, nell’incidente stradale avvenuto in via Monte Kronio. Una famiglia che sta vivendo un dolore immane e che va rispettato, anche evitando le discussioni che nelle ultime ore si dono registrate in ordine all’opportunità o meno di svolgere il Carnevale.

Polemiche che sono seguite anche dopo la decisione, assunta dall’Amministrazione, al termine della riunione cogli operatore del settore, di far iniziare la manifestazione dopo il funerale e di svolgere la prima giornata di festa in tono più sobrio, con il Peppe Nappa, il carro simbolo del Carnevale, al quale Sebastian avrebbe partecipato, che sfila in silenzio, e con un minuto di raccoglimento al suo arrivo in piazza Angelo Scandaliato.

“Il Carnevale è una macchina che non si può fermare, Sebastian non aspettava altro, amava questa festa e svolgerla è un modo per ricordarlo”. Questa la dichiarazione che la zia del giovane, Giusi Soldano, ha rilasciato all’emittente RMK in un servizio di Maria Genuardi. Un intervento dopo avere appreso del dibattito che si è generato soprattutto sui Social Network da parte di quanti ritengono che la manifestazione non avrebbe proprio dovuto svolgersi, criticando di conseguenza la decisione assunta ieri in tarda mattinata al Comune.

 “Basta con le polemiche, non servono”, ha rubadito la zia di Sebastian. Si faccia il Carnevale anche per ricordare Sebastian che amava tanto questa festa”.

Su Facebook sono espolose polemiche sfociate anche nel campo della diffamazione, degli insulti. Essere d’accordo o no è lecito, ma insultare e diffamare no. Non è civiltà questa. E’ solo un grande cortile nel quale ognuno immagina di dire ciò che pensa. Ma attenzione. Ognuno è libero di pensare ciò che vuole nei limiti del rispetto degli altri. Altrimenti scatta il reato penale. E dai tribunali fioccano condanne per termini usati su Facebook  che riguardano la diffamazione aggravata a mezzo stampa.

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