LA DOPPIA FACCIA DELL’IMMIGRAZIONE

Esiste uno spaccato tra vecchia e nuova immigrazione. Uno spaccato che giocoforza si è creato in considerazione dell’enorme flusso di migranti verso l’Italia e l’Europa. Una situazione che è finita per dare garanzie alla nuova ondata di migranti, mentre quella precedente vede restringersi, se non negati, diritti essenziali. Abbiamo intervistato Maria Lamrani, Maghrebina, venuta anni fa in Italia per concretizzare un sogno, quello di vivere in una realtà ben diversa da quel mondo lasciato.

Maria, c’è una differenza tra la vecchia immigrazione e quella attuale?

“L’Italia è un Paese dove da tanti decenni si è vissuta l’immigrazione con tanti aspetti diversi e con la popolazione che si spostava dai luoghi d’origine per una reale necessità di lavoro e non come fuga pagando, migliaia di dollari a mercanti di uomini. Da tempo risiedono in Italia, proveniente dal Maghreb, immigrati di prima generazione hanno cercato in questo Paese il luogo per trovare lavoro, per vivere dignitosamente. Adesso, dopo tanti decenni, sono bene integrati anche se esistono sempre sacche di malcontento che nascono dall’arrivo dei nuovi immigrati”.

Qual è la differenza più marcata?

“Gli immigrati giunti in Italia negli anni settanta e ottanta hanno sofferto molto non avendo alcuna assistenza statale e pubblica e si sono integrati attraverso il lavoro ed acquistando la fiducia della gente”.

E adesso?

“Adesso assistiamo a sbarchi continui di immigrati, a tanti flussi di soldi che arrivano ai centri di accoglienza ed a tutti coloro che vivono intorno al mondo della nuova immigrazione. Gli immigrati degli anni ottanta e settanta si sentono italiani anche se molto è cambiato negli ultimi anni. Anni in cui sono in bilico garanzie assistenzialiste. Non va dimenticato che se non fosse per l’alto tasso di natalità di bambini tra gli immigrati, molte scuole sarebbero chiuse e molta forza lavoro non sarebbe esistita”.

Oggi, invece?

“Gli sbarchi ed i nuovi immigrati creano sentimenti diversi, dove si nota molto assistenzialismo, ma anche molto business economico. Può sembrare strano che dai primi immigrati in Italia, orami diventati cittadini residenti, possa nascere la voglia di tutela maggiore, con miglioramento del settore sanitario e con possibilità di usufruire di alloggi popolari. Maggiore tutela per vivere ed essere in Italia come lavoratori e non come persone che transitano da questa Nazione per andare all’estero e che rimangono mesi per identificazioni, sostenuti in centri di assistenza. Tanto denaro pubblico che sarebbe potuto essere speso per migliorare i sevizi agli italiani. La storia si evolve e speriamo che tutti i problemi si possano risolvere, mi sento e sono e ci sentiamo italiani e desideriamo essere tutelati e vivere in una società aperta economicamente e socialmente”.

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