LA DIA SEQUESTRA NELL’AGRIGENTINO AZIENDE, IMMOBILI E TERRENI, PER UN VALORE DI OLTRE 3 MLN DI EURO ALL’IMPRENDITORE COTTITTO

Interessata in particolare l’area occidentale della provincia di Agrigento

La Direzione Investigativa Antimafia di Agrigento ha sottoposto a sequestro, in quel territorio, beni mobili ed immobili, intestati o riconducibili a  Gioacchino Francesco Cottitto, classe 1967, imprenditore nel settore agroalimentare, di Palma di Montechiaro (AG).

Il provvedimento di sequestro emesso dal Tribunale di Agrigento, che rientra nel quadro delle attività istituzionali tese all’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati dalle organizzazioni criminali, nasce da una proposta avanzata dal Direttore della D.I.A. e finalizzata ad impedire che i proventi di origine illecita continuino ad inquinare il circuito dell’economia legale nel settore della grande distribuzione.

Per gli investigatori, la figura di  Gioacchino Francesco Cottitto, inteso Franco, si comincia a delineare quando, nell’ambito di una operazione giudiziaria denominata “Apocalisse”, viene tratto in arresto nel 2010, su provvedimento richiesto dalla D.D.A. di Palermo, unitamente ad altri, tra cui l’allora latitante Giuseppe Falsone, classe 1970, già capo di “cosa nostra” agrigentina, Pino Gambino, classe 1972, ritenuto il capo della “famiglia” mafiosa di Ravanusa (AG) e capo mandamento di Campobello di Licata (AG),  Diego Gioacchino Lo Giudice, classe 1946, imprenditore, ritenuto affiliato alla “famiglia” mafiosa di Canicattì (AG),  Buggea Giancarllo, classe 1970,  imprenditore, “uomo d’onore” della “famiglia” mafiosa di Canicattì (AG), ed altri imprenditori tra cui Ferdinando Bonanno, classe 1940, ritenuto il tramite tra la grande distribuzione commerciale ed i rappresentanti agrigentini di “cosa nostra”.

I reati contestati andavano dall’associazione per delinquere di tipo mafioso, al concorso esterno in associazione mafiosa, al riciclaggio aggravato ed all’intestazione fittizia di beni, reato quest’ultimo contestato al Cottitto e per il quale è stato condannato, in appello, ad anni tre di reclusione.

Secondfo gli investigatori, Cottitto, pur non essendo organico a “cosa nostra” agrigentina, è stato indicato da collaboratori di giustizia molto vicino a Giuseppe Falsone, con il quale, proprio per il ruolo “verticistico” da questi ricoperto, nel periodo della sua latitanza aveva rapporti di frequentazione tendenti ad ottenere la supremazia nella grande distribuzione agroalimentare sul territorio.

Tra i beni sequestrati figurano alcune aziende agricole nelle quali erano soci, oltre al Cottitto e sua moglie, anche Buggea Giancarlo e suo fratello Fabio.

Per gli investigatori, sarebbe stata anche accertata la partecipazione occulta in esse del Pino Gambino e del Giuseppe Falsone . In tal senso, erano stati rinvenuti alcuni appunti, in un fabbricato rurale nel territorio di Palazzo Adriano (PA), ove Giuseppe Falsone aveva trascorso un periodo di latitanza, il cui tenore aveva consentito di evincere come lo stesso Falsone tenesse sotto controllo la contabilità e le scelte imprenditoriali delle aziende, gestite dal Cottitto e dal coimputato Buggea.

Il provvedimento di sequestro ha riguardato: 28 immobili tra terreni e fabbricati; 2 ditte individuali; 3 società ed il compendio dei beni aziendali; numerosi conti correnti e rapporti bancari.

Con il medesimo provvedimento, il Tribunale ha disposto la sospensione dell’efficacia di due finanziamenti relativi ad interventi fondiari previsti dal regime di aiuti all’Italia nr.110/2001 (approvato dalla Commissione Europea), ed erogati dall’I.S.M.E.A. (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo), a favore del Cottitto e della moglie Marchese Deborah. Il valore complessivo dei beni sequestrati è di oltre 3 milioni di euro.

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