INTERCETTAZIONI NICOSIA, BONAFEDE VUOLE GLI ATTI PER TUTELARE LA SUA ONORABILITÀ

Al fine tutelare la propria onorabilità, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede vuole gli atti in cui il militante radicale ed ex assistente parlamentare Antonello Nicosia, in cella da novembre con l’accusa di concorso in associazione mafiosa, pianificava un incontro proprio con l’avvocato originario di Mazara del Vallo, dal 2018 guardasigilli dei due governi guidati da Giuseppe Conte.

Lo riporta il Giornale di Sicilia di oggi. Il saccense Antonello Nicosia, che si trova in carcere, parlava, in alcune conversazioni intercettate, dei presunti contatti con Bonafede.

Il ministro della Giustizia, chiede se vi siano atti depositati e sostanzialmente pubblici. Tenendo anche conto del fatto che, nelle conversazioni con Stefano Genco, condannato per concorso in associazione mafiosa, venivano chiamati in causa, come (inconsapevoli), possibili tramite dell’eventuale incontro, che non risulta sia avvenuto, i genitori di Bonafede.

Gli atti dell’indagine (ormai conclusa, è prossima la richiesta di rinvio a giudizio, per Nicosia e altri sei indagati) sono teoricamente disponibili, ma ovviamente la Procura, col capo dell’ufficio, Francesco Lo Voi e con l’aggiunto Paolo Guido, sta valutando se aderire alla richiesta.

L’inchiesta contiene anche altri elementi di indagine contro Nicosia. Qualcosa di decisamente scabroso, come i video che lui stesso registrava in momenti di intimità. Inquirenti e investigatori del Ros stanno cercando di capire la natura e gli obiettivi di questo materiale: uso privato o possibili armi di ricatto nei confronti di personaggi per lui fondamentali?

Gli investigatori definiscono Nicosia titolare di una straordinaria capacità di ingannare, specie chi si lasciava prendere in giro. In questo modo era riuscito a incontrare, nei penitenziari di massima sicurezza, mafiosi di primissimo piano, come ad esempio il bagherese Filippo Guttadauro, cognato del superlatitante di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro.

L’esponente radicale, dopo essere stato dieci anni in carcere per traffico di droga (ma nessuno si era mai curato di chiedere il suo certificato del casellario giudiziale) era stato assistente parlamentare della deputata di Leu, poi passata a Italia Viva, la molisana Giusy Occhionero. Poi però si era avvicinato a un’altra parlamentare siciliana, di Fratelli d’Italia, sempre per raggiungere i suoi obiettivi: avere qualcuno che lo facesse entrare più o meno liberamente nelle carceri.

Per avere più libertà di movimento, poi, voleva costituire un osservatorio permanente per il carcere e la riforma penitenziaria, proponendosi come esperto, nella qualità di «cittadino che è stato in galera».

Mirava anche al  ruolo di garante regionale per i diritti dei detenuti, da soffiare al professore Giovanni Fiandaca, contro cui voleva organizzare proteste sui social e anche manifestazioni di piazza. Per questo aveva tentato di avere lo sponsor del ministro, attraverso esponenti regionali e nazionali del M5S.