In terapia intensiva a Sciacca tute anticovid personalizzate con nome e foto (fotogallery)

SCIACCA. All’ASP di Agrigento si sta cercando con semplici espedienti di ridurre la distanza tra personale sanitario e pazienti attraverso un progetto pilota già attivo presso il reparto di Terapia Intensiva del presidio ospedaliero “Giovanni Paolo II” di Sciacca. Recependo un input preciso da parte del commissario straordinario, Mario Zappia, si è deciso di indossare delle tute covid “personalizzate” con il nome e soprattutto la foto di chi le indossa.

L’idea, semplice ma efficacissima, ha consentito ai sanitari di uscire dall’anonimato imposto dal virus durante i turni di servizio facendosi riconoscere dai pazienti coscienti e dando un volto a chi presta le cure.

Si tratta di un gesto mirato a ridurre lo stress psicologico degli ammalati covid e a ripristinare quel contatto umano che, troppo spesso, si dà per scontato senza apprezzarlo e si finisce per ricordarne l’autentico valore quando, purtroppo, viene a mancare. L’iniziativa di umanizzazione decisa dalla Direzione dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Agrigento è stata realizzata presso la Terapia Intensiva di Sciacca grazie alla collaborazione attiva, oltre che del primario Francesco Petrusa, anche del coordinatore dell’unità, Marco Li Gioi, dell’infermiere Giuseppe Armato, che ha messo a disposizione i mezzi e le sue capacità nell’arte fotografica, ed in generale di tutto il personale del reparto.

Il Covid ha, purtroppo, ha costretto  i ricoverati in terapia intensiva di non poter guardare un volto e averne conforto. E’ la triste condizione dei malati ricoverati presso le strutture covid ospedaliere che, alle sofferenze legate al decorso della patologia virale, devono aggiungere l’impossibilità di poter vedere i propri cari ma anche quella di interagire “senza filtri” con i sanitari. Tute, maschere e dispositivi di protezione individuale, indossati quotidianamente da medici ed infermieri nei reparti dedicati ai pazienti affetti da coronavirus, creano una inevitabile distanza fra i degenti ed i sanitari “spersonalizzando” e privando di un volto il legame antico che si crea da sempre tra chi è ammalato e chi si prende cura lui.