PALERMO – Il Tribunale di sorveglianza di Palermo, modificando un suo precedente pronunciamento, ha dichiarato “estinta” la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici che era stata inflitta a Cuffaro con due sentenze di condanna. Di conseguenza, l’ex presidente della Regione Siciliana potrà tornare a candidarsi.
Cuffaro ha scontato quattro anni e undici mesi di reclusione nel carcere di Rebibbia. Lo scorso settembre ha ottenuto la riabilitazione. In effetti, l’ordinanza del Tribunale non aveva modificato l’interdizione dai pubblici uffici. I giudici, infatti, avevano riconosciuto la “buona condotta” in carcere, con una laurea in Giurisprudenza ottenuta durante la detenzione. Riconosciuta anche la presa di distanza dalla mafia.
Il collegio presieduto da Luisa Leone aveva evidenziato anche le diverse attività benefiche che avevano visto Cuffaro protagonista dopo la scarcerazione: dai viaggi in Burundi alle lotte per i diritti dei detenuti. Pagate tutte le spese processuali, di notevole importo, e quelle di soggiorno in carcere. Pagati anche i 158mila euro sanciti dalla Corte dei conti come danno di immagine alla Regione.
Nel pronunciamento i giudici del tribunale di sorveglianza avevano applicato la norma della “Spazzacorrotti” che fa scattare il timer della riabilitazione soltanto dal momento dell’emanazione del provvedimento che concede la riabilitazione, avvenuta nel caso di Cuffaro il 13 settembre.
Secondo questa interpretazione, l’ex governatore, conti alla mano, avrebbe dovuto attendere altri sette anni per vedere cancellata anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Una impostazione contestata da Montalbano. Secondo il legale Cuffaro aveva maturato il diritto alla riabilitazione già prima dell’entrata in vigore della “Spazzacorrotti”, voluta dall’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.
Dunque, matura l’opposizione presentata allo stesso tribunale, che ha accolto le osservazioni della difesa di Cuffaro e dichiarato estinta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici con una nuova ordinanza.
Ho sempre avuto fiducia nella giustizia – dichiara Totò Cuffaro -. Amo questa terra e amo la politica. So di aver commesso molti errori e per i
quali ho pagato un prezzo altissimo. Coltivo il diritto, e credo anche il dovere, di potere continuare ad essere utile, per questo mi sono
speso e mi sto spendendo, per affermare un partito di ideali e di valori: la Democrazia Cristiana”.
“Un partito che voglio che sia Nuovo, Giovane e Donna. Un partito dal cuore antico che abbia la voglia e la forza di fare ‘un assalto alla
disumanità e all’indifferenza’. La DC – prosegue – dovrà avere necessariamente un contenuto democratico-sociale, ispirato ai principi
cristiani, fuori da questi termini penso non avrà mai il diritto ad una vita propria: rischia di diventare un’appendice di altri partiti. La
Democrazia Cristiana è un ideale, un’evoluzione di idee, una convinzione di coscienze, una speranza di vita”.
“Confermo con determinazione che il mio tempo per le candidature è finito. Potrò tornare a fare il medico. Impegnerò tutte le mie forze
affinché la Democrazia Cristiana, oggi una realtà in Sicilia, possa diventare anche una realtà nel Paese. È questo il mio sogno e chiederò a
Don Luigi Sturzo che mi aiuti affinché diventi realtà. E se riusciamo a far rinascere la DC, chissà che non sia il miracolo per farlo divenire
finalmente Santo”, conclude.