I racconti della domenica mattina: “Il lungo viaggio del Pianoforte “Cipolla”

di Bia Cusumano

Appena lo vidi me ne innamorai! Venni a sapere di lui per “caso”. Si trovava solo ma curato in un salotto antico, pieno di cornici con vecchie foto colme di ricordi e statuette. La polvere dei giorni scendeva insieme alla noia di non essere più suonato da nessuno. Nessuna mano lo accarezzava. Nessun suono felice, struggente, delicato o malinconico riecheggiava nell’antico salone. Un pezzo elegante di arredamento in un appartamento al quinto piano. Un pianoforte che non vibrava più di passione e di emozioni. Non più. I ragazzi erano cresciuti, ognuno aveva la propria vita, il proprio lavoro, i propri impegni. Così mi disse il Signor Cipolla, quando lo chiamai. Un uomo distinto, dalla voce gentile, che mi raccontò la storia del loro pianoforte. “Io e mia moglie non lo suoniamo. Abbiamo deciso di donarlo ai bimbi di una scuola perché imparino la bellezza della musica. Il Pianoforte qui è triste non lo suona più nessuno. Che senso ha una cosa bella se non è a disposizione degli altri?

La musica è Bellezza e la Bellezza chiusa sottochiave in un salone si spegne lentamente e muore. In una scuola vivrà per sempre il nostro pianoforte nei ricordi di tante generazioni di bambini che lì si siederanno sullo sgabello a suonarlo. Sono mesi che aspettiamo che lo vengano a prendere, ma quanto ci vuole ancora? Ogni giorno pensiamo sia quello giusto per salutare il nostro pianoforte, ma non sarà un Addio, sarà un arrivederci perché noi lo ritroveremo sui volti e sugli sguardi, tra le musiche e i canti dei bimbi. Loro saranno felici e il nostro pianoforte pure”.

Chiusi con il Signor Cipolla e chiamai subito la Preside della Scuola, con una promessa. Il pianoforte sarebbe giunto a destinazione. Sarebbe stato dei suoi bambini secondo la volontà della famiglia Cipolla. E poiché la Preside, pure lei musicista e pianista, per niente una burocrate, desiderava tanto quel pianoforte, quel suo desiderio divenne subito il mio. Non importava quanto tempo ci sarebbe voluto, io non mi sarei fermata davanti nessuna lungaggine burocratica e davanti nessuna difficoltà. E in effetti ce ne furono parecchie di difficoltà! Il tempo fu inclemente, tra nubifragi e allagamenti, le difficoltà logistiche non furono da meno, scendere un pianoforte dal quinto piano non era cosa così agevole, le risorse economiche erano davvero esigue, il montacarichi subì un guasto, l’epidemia incalzava senza tregua e la burocrazia torpida del nostro sistema farraginoso provò a mettermi con le spalle al muro. Arrendersi sarebbe stata la via comoda. In fondo, cosa era? Un pianoforte! Ma quando ami qualcuno o qualcosa arrendersi equivale a non amare sul serio. E io della storia del pianoforte Cipolla me ne ero innamorata.

Non ero disposta ad arrendermi. Così è stato davvero un lungo viaggio. Sono trascorsi tanti mesi da quella telefonata ma oggi finalmente il pianoforte Cipolla risplende in una aula chiamata “delle emozioni”. Chi ha creduto in questa storia ha dimostrato che con la tenacia, la passione, la volontà estrema e il forte desiderare, tutto si realizza. Per cui oggi, per me, per la Preside della Scuola, per i suoi bimbi, per chi si è messo a disposizione, per chi ha fatto uno sforzo fisico per portare il pianoforte nella sua nuova casa, è un giorno impastato e colmo di una felicità semplice, come quando da piccoli la nonna impastava i biscotti ed era subito festa. A conclusione di questo lungo viaggio, voglio ringraziare alcune persone che mi sono stati compagni, credendo che no, non era solo un pianoforte, era molto di più. E se potessimo imparare che l’unione fa la forza, che insieme i destini si cambiano, che il forte sentire è la bussola di ogni viaggio, avremmo imparato che nulla è impossibile se davvero lo si vuole. Questo forse la storia del Pianoforte dovrebbe insegnarci! Mai arrendersi. Mai mollare, mai rinunciare ai propri sogni o rubare quelli altrui. Desiderare è l’unico verbo che cambia i destini insieme a volere, ma per me sono stati da sempre sinonimi.