Hydortecne come assumificio, scrive la Procura: “senza che l’Ati si opponesse o sanzionasse tale indebita condotta”

AGRIGENTO. Ma chi doveva controllare perché non l’ha fatto? E’ una domanda pleonastica ma che non troverebbe risposta. Una domanda che entra a pieno titolo nella variegata vicenda investigativa che riguarda la Girgenti Acque e la Hydortecne. Specie se quest’ultima, è considerata dalla magistratura inquirente come società utilizzata ““da Marco Campione e i suoi sodali” – scrive la Procura – per assumere personale. Lavoratori in aggiunta a quelli della Girgenti Acque, “eludendo le prescrizioni del piano d’ambito nella parte in cui veniva stabilito un limite al numero di personale dipendente che poteva essere assunto: precisamente 294 dipendenti, di cui 128 per servizi generali, 88 acquedotto, 36 fognatura, 42 depurazione. Il numero di dipendenti assunti da Girgenti Acque e da Hydortecne, tutti a carico dei cittadini attraverso il pagamento delle tariffe per il servizio idrico integrato, ha superato sempre e costantemente il limite previsto, senza che l’Ati – prosegue l’accusa – si opponesse o sanzionasse tale indebita condotta”. “L’assunzione di centinaia di dipendenti, in violazione ai limiti, ha consentito a Marco Campione – scrivono i pm – di utilizzare i contratti di lavoro (a tempo indeterminato, a tempo determinato e a progetto) come ‘merce di scambio’ per politiche clientelari o per ricevere favori da politici, amministratori pubblici, funzionari pubblici, compresi appartenenti alle forze dell’ordine”.

C’è anche questo capitolo che emerge dal provvedimento di fermo, disposto dal procuratore capo Luigi Patronaggio e dall’aggiunto Salvatore Vella, a carico di 8 degli 84 indagati. Per Girgenti Acque, da anni, si parla ormai di un “assumificio”.

Tra l’altro, nella relazione del 12 febbraio del 2016, gli ispettori dell’Inps hanno evidenziato che “è emersa una grave ingerenza da parte del socio unico (Girgenti Acque) che ha travalicato il proprio naturale ruolo di controllore dell’attività di Hydortecne, intervenendo e agendo sulla normale e quotidiana gestione della ditta con tale preponderanza da rendere, praticamente, nulli i patti sociali stessi” – riporta la Procura – .  Gli stessi funzionari dell’Inps inoltre, hanno affermato “che lo svolgimento dei rapporti di lavoro all’interno delle due società è stato connaturato da una forma di sfruttamento sistematico in dispregio delle norme e dei comportamenti imposti dall’ordinamento a tutela, non solo dei lavoratori, ma financo della dignità umana, ravvisabile: nella sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti·collettivi nazionali; nella sistematica violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, al riposo settimanale,·all’aspettativa obbligatoria, alle ferie – riportano i pm – ; nella sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di· lavoro tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l’incolumità personale”.

Ci sono molti punti di domanda ai quali deve darsi una risposta. Una risposta che, molto probabilmente, si snoderà in avanti, mentre il vaso di Pandora seguiterà, grazie alla magistratura inquirente, a rappresentare un sistema che per anni e anni è sfuggito ad un accurato controllo da chi rivestiva le vesti del controllore.