GIRGENTI ACQUE, SENZA CERTIFICATO ANTIMAFIA A RISCHIO IL SISTEMA IDRICO E FOGNARIO DELLA PROVINCIA

La bomba è esplosa stamattina, quando alla Girgenti Acque e al suo presidente Marco Campione è stato notificato il provvedimento emesso dal Prefetto di Agrigento, Dario Caputo, con cui ha comunicato di avere emesso una certificazione antimafia interdittiva. L’ultima certificazione antimafia era stata rilasciata nell’agosto del 2015. Trentasei pagine che ribaltano i precedenti esiti amministrativo-giudiziari e hanno indotto il Prefetto a negare la certificazione antimafia.

E’ assai probabile che la Girgenti Acque e il suo Presidente ricorreranno per le vie giudiziarie (Tar) per impugnare il provvedimento del Prefetto. Ma allo stato attuale, non può sfuggire una riflessione sulle conseguenze. Senza certificazione antimafia, la società idrica non può operare, non può intrattenere rapporti con Enti pubblici, la stessa convenzione con l’Ati è messa in discussione. Il provvedimento emesso dal Prefetto mina la convenzione, elemento necessario affinché Girgenti Acque possa operare.

Dunque, c’è il serio rischio che tutto il sistema idrico-fognario della provincia agrigentina, ed in particolare dei 27 Comuni che hanno ceduto le reti per obbligo di legge alla Girgenti Acque si trovino ad affrontare la madre delle emergenze. Stiamo parlando dell’acqua, bene vitale per la popolazione.

L’Ati, l’organismo formato dai 43 sindaci dei Comuni agrigentini, è l’unico l’interlocutore istituzionale della Girgenti Acque. Il presidente dell’Ati, Francesca Valenti (che è anche sindaco di Sciacca) ha un immenso macigno tra le mani. Vero è che, fino ad oggi, si è discusso di risoluzione contrattuale per inadempienze, ma è pure vero che da oggi dalle ipotesi, dalle parole, dalla volontà, si deve passare ai fatti. E un fatto inoppugnabile è che l’Ati non ha un piano B pronto, ovvero quella soluzione di gestione delle reti in alternativa alla Girgenti Acque. Tra l’altro, mesi fa l’Agenzia Nazionale Anticorruzione inviava all’Ati una diffida a provvedere, entro 60 giorni, a comunicare l’alternativa di gestione per la gestione del servizio, con quali mezzi, strutture e soldi.

Adesso il quadro uscito fuori con il provvedimento del Prefetto Caputo pone l’Ati davanti ad una realtà emergenziale. L’Ati è impreparata. Molto probabilmente interverrà nella gestione del servizio idrico e fognario una struttura commissariale appositamente inviata dalle autorità. Siamo di fronte ad una situazione nuova, che ha subìto una forte accelerazione con l’indagine tuttora in corso, condotta dal Procuratore Aggiunto di Agrigento, Salvatore Vella e dai sostituti Alessandra Russo e Paola Vetro. Indagine nella quale sono coinvolti, assieme al papà dell’ex ministro Angelino Alfano, altri oltre 80 persone tra parlamentari, sindaci, funzionari pubblici, professionisti e giornalisti agrigentini.

Senza dimenticare l’ex Prefetto di Agrigento Nicola Diomede (tra l’altro è stato segretario politico dell’ex ministro Angelino  Alfano) coinvolto nell’indagine in corso e sul quale pendono le ipotesi di abuso d’ufficio, associazione a delinquere e corruzione. Diomede venne rimosso dall’ex ministro dell’Interno, Marco Minniti.

Da oggi, il Prefetto Caputo ha posto una questione che diventa priorità assoluta, ma è anche un sollecito all’Ati a svegliarsi e assumere quelle scelte che fino ad ora non ha mai assunto.

Filippo Cardinale


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