Fratellini morti a Macalube, nessuna responsabilità di Legambiente che «non poteva chiudere la riserva»
Arrivano le motivazioni della sentenza con cui, a marzo scorso, la Corte d’Appello di Palermo ha assolto i due imputati dall’accusa di omicidio colposo dei due fratellini Carmelo e Laura Mulone, di 9 e 7 anni l’associazione ambientalista
Sul caso della morte il 27 settembre 2014 nella riserva di Macalube di Aragona dei fratellini Carmelo e Laura Mulone arriva la motivazione della sentenza della Corte d’appello di Palermo che a marzo aveva assolto dall’accusa di omicidio colposo l’allora direttore della riserva Domenico Fontana ed ex presidente di Legambiente (che in primo grado aveva avuto 6 anni) e l’operatore della riserva Daniele Gucciardo (5 anni e 3 mesi in primo grado). «L’unica condotta che avrebbe potuto evitare, con certezza, la morte dei minori Mulone sarebbe stata la definitiva chiusura della riserva delle Macalube. Un approccio prudenziale, stante l’acclarata situazione di pericolo legata al possibile manifestarsi di un violento fenomeno parossistico coinvolgente la collina del vulcanelli, avrebbe dovuto indurre a circoscrivere tutta l’area con l’ovvia conseguenza che la stessa non sarebbe stata più fruibile al pubblico. Ma gli imputati Domenico Fontana e Daniele Gucciardo (rispettivamente direttore e operatore della riserva) non avevano il potere di adottare la chiusura. Di prender cioè una decisione destinata ad alterare irreversibilmente la finalità istitutiva della riserva». I due fratellini Carmelo e Laura, rispettivamente di 9 e 7 anni, il 27 settembre di dieci anni fa furono travolti da un’ondata di fango mentre facevano una passeggiata insieme al padre nell’area naturale in provincia di Agrigento. I due imputati erano difesi dagli avvocati Diego Galluzzo e Vincenzo Lo Re (per Domenico Fontana) e Daniela Ciancimino e Giulio Vasaturo (per Daniele Gucciardo) e Fausto Amato (per Legambiente Sicilia). La corte confermò inoltre l’assoluzione in primo grado del funzionario della Regione, Francesco Gendusa stabilendo che nessuna responsabilità civile ci fosse da parte di Legambiente. Secondo i giudici «né la legge né la complessa organizzazione in materia di protezione civile né il contratto di assunzione” dava ai due il potere di prendere un provvedimento del genere. «D’altronde – spiegano i giudici – se l’istituzione della Riserva era finalizzata alla fruizione dell’area, una decisione di definitiva chiusura al pubblico del sito o avrebbe dovuto essere presa a – monte, prima dell’affidamento della gestione a Legambiente o avrebbe dovuto formare oggetto- all’esito di una preventiva opera di accertamento delle fonti di pericolo presenti nel territorio – di provvedimenti pubblicistici che non rientravano nella sfera di disponibilità di entrambi gli imputati».