EVENTO GOOGLE, NIENTE CORALLO DI SCIACCA IN ESPOSIZIONE. LO SCIVOLONE DELLO STAFF DEL COLOSSO MONDIALE

Una vistosa assenza in piazza Scandaliato per l’evento di Google di questa sera. C’è la ceramica e alcuni pezzi di carri allegorici,ma non c’è la storia bella di Sciacca, quella legata al Corallo salmonato della nostra città. Un corallo unico al mondo per il suo colore, ma anche per la sua qualità. 

La filosofia di Google, abbiamo saputo,  è quella di non esporre prodotti che possano essere collegati allo sfruttamento dell’ambiente. Ci dispiace constatare l’ignoranza dello staff di Google in materia. Il corallo di Sciacca non è oggetto di sfruttamento. E’ un corallo fossile, “morto”. La sua caratteristica è che è ecosostenibile, al contrario di altri coralli prodotti nel mondo. Ci sorprende che un motore di ricerca importante come Google abbia questa pecca di conoscenza. Anche i grandi, a volte, dimostrano di essere piccoli. 

Ci dispiace moltissimo, perchè il corallo di Sciacca fa parte della storia importante della nostra città. Lo staff di Google l’ha proprio SCAFAZZATA . Utilizziamo un termine siciliano. Lasciamo il compito della traduzione allo staff di Google, il potente motore di ricerca. Apprezziamo lo sforzo del sindaco Di Paola che fino a stamattina, insieme al Consorzio del Corallo di Sciacca, ha lottato contro uno staff che si è dimostrato sordo e poco sensibile. 

A lacuna di tale ignoranza, qui di seguito riportiamo una sintesi storica. 

Dal 1875 al 1912 nel mare saccense furono raccolte oltre 40.000 tonnellate di corallo. La scoperta di tre grandi zone corallifere al largo della costa saccense nel 1875, 1878, 1881, fornì ancora per decenni moltissima materia prima ai laboratori artigiani, che in Italia erano concentrati a Torre del Greco, e in misura minore a Livorno e a Venezia. Ma anche fuori d’Italia, in città come Barcellona e Marsiglia. Una fortuna straordinaria che diede un impulso insperato all’economia marinara. Un quartiere che viveva di stento e fatiche si trovò ad un tratto al centro di un florido commercio.

Realtà e leggende si sono intrecciate, diventando spesso favole con cui i nonni nel passato tramandavano ai nipoti la storia di un momento magico che, come tutte le favole, durò a lungo. E nei racconti dei nonni non poteva mancare “l’isola che non c’è”, la Ferdinandea, l’isolotto vulcanico emerso nel 1831 a 27 miglia a sud ovest di Sciacca, a metà rotta con Pantelleria, e poi sprofondato solo dopo pochi mesi.

Il corallo di Sciacca è unico al mondo per il suo color rosa salmone, dall’intenso al pallidissimo, talvolta con delle macchie di coloro giallo tendente al bruno e al nero dovute all’azione ossidante di alcuni batteri che, attaccando le componenti ferrose del corallo, determinano le bruniture.

Tutto cominciò nel marzo 1875, grazie ad Alberto Maniscalco, detto Bettu Ammareddu. A circa 30 miglia a sud-ovest di Sciacca, era insieme ad altri due compagni di lavoro, Bettu Occhidilampa e Peppi Muschidda. Tirando le reti, Ammareddu si accorse che contenevano frammenti di corallo. Scandagliò bene il fondo di quel tratto di mare e si accorse che c’era uno scoglio ricoperto di corallo. Ma Bettu Ammareddu commise un errore di ingenuità, o molto più probabilmente non sapeva la portata del ritrovamento e l’eco che avrebbe avuto non solo a Sciacca, ma in Sicilia e fuori dell’isola.

Non appena mise piedi sulla terraferma raccontò a tutti la formidabile scoperta, senza pensare i benefici che avrebbe potuto trarre se avesse adoperato quello che oggigiorno viene più comunemente detto “silenzio stampa”. Ebbe in compenso la somma di 10 lire. Non sapeva cosa gli stava passando tra le mani. Il passaparola a Sciacca fu straordinario e la notizia girò con una velocità tale da essere subito alla portata di tutti, anche fuori dal perimetro locale. Nel volgere di poche settimane si videro davanti Sciacca vere e proprie flotte di barche coralline. Giunsero da Trapani e da Torre del Greco, ma anche da Livorno e da Genova.

Tanta fortuna “pescata” da quelle miracolate acque del mare di Sciacca che mandò in fermento i pescatori locali che fino a poco tempo fa tiravano di stento. Forse tanto bendiddio arrivato troppo all’improvviso, senza una adeguata cognizione e preparazione nel gestire una manna del genere. Nel 1880, precisamente il 3 gennaio, viene scoperto un altro banco, ad oltre 20 miglia da capo San Marco, ad una profondità intorno ai 150 metri. Questa volta enorme. Venne denominato “foraneo”. La sua profondità variava dai 150 ai 190 metri. Sciacca fu invasa dalla “febbre del corallo” che diede stimolo e impulso alla marineria e ai commercianti. Ma come tutte le febbri, raggiunto il valore di picco cominciò a smorzare, a calare fino al tracollo.

“Il corallo – scrive lo Scaturro – dapprima si pagava a 100 lire e anche più al chilogrammo. Ma poi quando si fece più abbondante e più scadente di qualità il suo prezzo scese a 3 lire il chilo e anche di meno. All’entusiasmo successe la delusione, alla ricchezza la miseria, all’attività l’apatia; cominciò in larga scala l’emigrazione dei marinai negli Stati Uniti d’America; la marineria si fece silenziosa e la città n’ebbe l’aspetto desolato, finchè molti anni dopo i risparmi degli emigrati non tornarono a darle benessere”.

Archivio Notizie Corriere di Sciacca