ESTRAZIONE PETROLIO, ALLA SICILIA SOLO SPICCIOLI. E SONO PRONTE LE TRIVELLE DELLA NORTHERN PETROLEUM. LA NOSTRA COSTA NEL MIRINO
Conti alla mano, la Regione dal petrolio estratto in Sicilia incassa meno di quanto spende per acquistare la carta nei propri assessorati
Estrarre petrolio dalla Sicilia è un vero affare. Ma solo per le compagnie petrolifere. Sono ben cinque gli insediamenti petroliferi già attivi nell’ Isola, per complessivi 241 pozzi, che estraggono ogni anno una media di 600 mila tonnellate di greggio, il 15 per cento dell’ intera produzione in Italia.
A questa produzione si deve aggiungere quella delle piattaforme per le quali con il decreto Passera si è dato il via libera, anche a poche miglia dalla costa. Quelle che ci piazzeranno nel Canale di Sicilia, davanti le nostre coste.
Un fiume d’ oro nero che vale per le compagnie petrolifere oltre 300 milioni di euro, ma che al territorio, cioè alla Regione, lascia royalty per appena 420 mila euro all’ anno.
Questa è la cifra esatta che la Regione ha incassato nel 2009 dall’Eni e dalla società Irminio di proprietà dei texani della Mediterranean Resources, titolari dei cinque permessi di estrazione su terraferma.
Conti alla mano, la Regione dal petrolio estratto in Sicilia incassa meno di quanto spende per acquistare la carta nei propri assessorati.
E con il decreto Passera, regalo del Governo Monti, che dà il via libera alle 20 richieste di ricerca in mare, nemmeno un euro rimarrebbe in Sicilia in royalty, perché la Regione sui permessi delle piattaforme offshore non ha competenza. Una beffa, visto che in caso d’ incidenti, come accaduto nel golfo del Messico, a pagare le conseguenze del disastro ambientale sarebbero solo le coste siciliane e chi con il mare ci lavora, cioè i pescherecci attivi da Pozzallo a Trapani.
Di fronte la nostra costa si sta piazzando la Northern Petroleum. Nella sua previsione c’è l’estrazione di 4 miliardi di barili di petrolio che tradotti in soldi significano 400 miliardi di euro che vanno nelle tasche dei petrolieri. Alla Regine pochi spiccioli, o addirittura nulla. La franchiagia che le società pagano alla Sicilia è del 4%, contro l’85% in Libia e Indonesia, l’80% in Russia e Norvegia.
Dice l’ingegnere Mario Di Giovanna, leader di “Stoppa la Piattaforma”: Se ci adeguassimo agli standard delle royalty degli altri Paesi, facendo i dovuti conti, potremmo estinguere, solo con una minina parte del Canale di Sicilia, il 25% del debito pubblico italiano”.