Estorsioni a imprenditori e artisti catanesi, blitz della GdF: 32 indagati (22 con custodia cautelare)

CATANIA.  Trentaquattro gli indagati, ventidue i destinatari di ordinanza di custodia in cui vengono ipotizzate a vario titolo l’associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate dal metodo mafioso, corruzione, falso in atto pubblico, trasferimento fraudolento di valori, bancarotta fraudolenta, riciclaggio, autoriciclaggio, corruzione elettorale, intralcio alla giustizia aggravato dal metodo mafioso.

E’ scattato all’alba il blitz dello Stato contro il clan Cappello-Carateddi, denominato operazione “Sipario”. Settanta militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Catania, hanno eseguito un’ordinanza di misure cautelari personali e reali emessa dal gip del tribunale, su richiesta della direzione distrettuale antimafia di Catania.

Nel corso dell’operazione sono state sequestrate quote sociali e patrimoni per cinque milioni di euro di tre società con sede a Catania, operanti nel settore dei bar e della ristorazione.

Tre vigili urbani e un brigadiere della Guardia di finanza sono finiti ai domiciliari e in carcere (il finanziere) per avere stretto rapporti di corruzione con elementi di spicco del clan. L’inchiesta “Sipario” ha riguardato parte del clan Cappello e le estorsioni che il gruppo ha compiuto. In particolare hanno riguardato l’attività di Orazio Buda, particolarmente legato al gruppo di Orazio Privitera, esponente di vertice del clan Cappello/Carateddi. Buda secondo la guardia finanza ha provveduto in modo costante e intenso al reimpiego del denaro provento di delitti in attività commerciali affermate sul territorio e fittiziamente intestate a prestanome. E’ stato anche accertato che Buda abbia compiuto numerosi estorsioni a danno di privati cittadini, imprenditori catanesi operanti nei settori dei trasporti e nei confronti di un noto e premiato pittore siciliano, dal quale Buda pretendeva l’elargizione di opere, alcune delle quali destinate a pubblici funzionari al fine di tessere rapporti relazionali utili per perseguire finalità illecite; altre destinate ad arredare alcuni degli esercizi commerciali riconducibili a Orazio Buda.

In carcere soni finiti Orazio Buda e Mauro Massari. Ai domiciliari Giuseppe Castorina, Maurizio La Rosa, Francesco Campisi, Giuseppe Longhitano e Attilio Topazio. Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Fabio e Santo Famà e Antonio Vita. Per altri dodici indagati è stata disposta la misisura dell’interdizione commerciale.

Scoperti gli affari di corruzione di un vice brigadiere della Guardia di finanza in servizio alla compagnia di Augusta, Mauro Massari, attuale vice presidente della VI circoscrizione del Comune di Catania: candidatosi alle amministrative dell’anno 2018 per il rinnovo del consiglio comunale di Catania e dei relativi consigli circoscrizionali (eletto in seguito con oltre 965 preferenze nella circoscrizione di Librino, San Giorgio, San Giuseppe La Rena, Zia Lisa e Villaggio Sant’Agata), stringeva con Orazio Buda, di cui conosceva pienamente la caratura criminale, un patto elettorale per il quale Buda si impegnava a sostenerne la candidatura, in cambio di favori.  Massari prometteva di soddisfare la pressante richiesta di Buda finalizzata ad ottenere, in favore di una società a quest’ultimo gradita, un subappalto (per l’importo di circa sei milioni di euro) presso il Porto di Augusta per la demolizione di una piattaforma ferrosa, garantendo la sua intermediazione nell’esercizio delle funzioni e mediante l’utilizzo della macchina di servizio; ancora, su precisa richiesta di Buda prometteva di danneggiare un piccolo imprenditore attraverso l’utilizzo dei suoi poteri di pubblico ufficiale. Nel corso delle indagini le fiamme gialle hanno accertato ulteriori condotte di corruzione elettorale riconducibili a Orazio Buda ed altri esponenti politici locali.

Nell’inchiesta sipario sono stati coinvolti anche tre appartenenti alla polizia municipale di Catania, Giuseppe Longhitano, Attilio Topazio e Francesco Campisi, i quali, su richiesta di Orazio Buda e agendo il Campisi da intermediario tra Buda e altri due pubblici ufficiali, redigevano false relazioni di servizio finalizzate a garantire la sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa di settore per garantire l’assegnazione di alloggi popolari da parte dell’Iacp in favore di stretti congiunti di Buda.