ENZO NUCCI IN “RETROSPETTIVA”. DAL 4 AGOSTO MOSTRA AL MUSEO SCAGLIONE

Sciacca non può dimenticare i suoi figli illustri e tra questi, senza dubbio, è annoverato il pittore Enzo Nucci, deceduto qualche anno fa dopo una malattia.  Il prossimo 4 agosto, alle ore 19:30 nella Casa Museo Scaglione verrà inaugurata una “Retrospettiva” dedicata all’artista saccense, la cui fama ha valicato non solo la sua amata Sicilia, ma anche i confini nazionali. La mostra sarà inaugurata con l’intervento del Soprintendente ai Beni Culturali di Agrigento, Michele Benfari e del sindaco Francesca Valenti.

La mostra si protrarrà fino al 30 settembre, con il patrocinio della Regione Siciliana, Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Agrigento e Comune di Sciacca Una retrospettiva, opere 1985-2015”.

Curatori della mostra sono Tanino Bonifacio e Aldo Gerbino,  i quali mettono in evidenza i momenti creativi di tale fruttuoso percorso. Bonifacio sottolinea come “La luce dipinta da Nucci rischiari la bellezza che sosta nascosta fra le cose della nostra esistenza, tutte le sue opere sono il regno governato dalle sostanze della luce concepita anche come simbolo, luce come atto del divenire, il venire fuori dal buio, il venire alla luce della vita. Aldo Gerbino coglie, in Nucci, il valore di pigmenti rintracciabili “nell’obiettivo di tale cauta Retrospettiva, per poi spostarsi e ricollocarsi gradualmente, nel prosieguo dell’indagine, in quel fading inserito a piene mani dall’artista in ciò che è stata la sua più recente scrittura. Mutamenti, tra Nouvelle Figuration e il commosso guardare all’intensità dell’amico Piero Guccione”.

Agli scritti dei curatori si affianca, in catalogo, il testo di Rita Ferlisi che riferisce della “bellezza dell’arte di Vincenzo Nucci”, “un dialogare con la pittura creando un universo diaristico capace di raccontare la vita attraverso l’anima delle cose”.

Il corredo critico è testimoniato, in sintesi, da interventi di Philippe Daverio, Valentina Di Miceli, Aldo Gerbino, Marco Goldin  e Vittorio Sgarbi.

Così lo ricorda il direttore del Corriere di Sciacca, Filippo Cardinale

Enzo Nucci si è  affermato in campo nazionale ed è stato apprezzato anche all’estero. E’ nato a Sciacca nel 1941, città amata. Attaccato anche alla terra calabrese, terra di origine del padre. Suggestivo era il suo studio sovrastante il quartiere marinaro, dai balconi del quale Enzo amava ammirare l’azzurro del cielo che si unisce quello del mare. Mare Mediterraneo, estensioni di frumento, palme e case padronali dell’800. Erano questi gli elementi che generavano in Nucci una profonda ispirazione, una indomabile voglia di immortale sulla tela le emozioni che la sua terra gli trasmetteva, inserendo nella sua pittura il paesaggio duro, assolato, di sterminata campagna di deserto di grano, della sua Sicilia. Quella di un tempo, dal sapore gattopardiano, quella in cui forte è il contrasto tra la vita quotidiana di chi possiede tanto e di chi è costretto a stare dall’alba al tramonto in campagna per guadagnarsi il tozzo di pane, sotto il cocente e implacabile sole che brucia. Quella in cui vicino alla “casa padronale”, come ama definire l’artista saccense le magnifiche ville estive dell’aristocrazia e della borghesia di quel tempo, sontuosa, imponente, sempre esageratamente grande, circondata da magnifiche palme e da buganvillee, c’è la masseria, simbolo della vita quotidiana del mondo contadino che implora Dio affinché plachi quel duro sole che picchia senza pietà sulle spalle del contadino ricurve verso terra.  

Enzo Nucci amava intensamente quella Sicilia, fatta di ville gattopardiane, di case padronali adornate di palme, di buganvillee, di piante esotiche, chiuse da recinti di muri, giardini ammantati di mistero che ricordano “paradisi naturali arabi”, di campi di grano che si perdono all’orizzonte, di masserie. 

Non solo la forte luce del giorno siciliano. Enzo colse la bellezza della sua terra anche dopo il tramonto del sole cocente. Colse la delicatezza della notte illuminata dalla luna e i profili delle palme quasi dormienti. Un magnifica emozione che ha immortalato nella sua opera Notturno.