E SE SI VOTASSE OGGI PER LE COMUNALI? IL QUADRO POLITICO DEL 2017 NON C’E’ PIU’
Di Filippo Cardinale
La domanda appare banale, ma il suo risvolto reale dipinge un quadro politico che ha subito lo tsunami del 4 marzo scorso. Uno tsunami che ha spazzato con forza inaudita certezze che sembravano acquisite e che, al massimo, avrebbero subito qualche scossone, ma senza grosse conseguenze.
A distanza di nove mesi dalle elezioni del Sindaco e del Consiglio comunale, la situazione politica è completamente cambiata, con partiti scomparsi, deputati trombati, consiglieri comunali eletti entrati nel perimetro della zona grigia avendo perso anche i riferimenti dei parlamentari che non entreranno né a Sala d’Ercole, né alla Camera dei Deputati, né al Senato della Repubblica.
Il risultato conseguito dai grillini a Sciacca lo scorso 4 marzo ha letteralmente spazzato quell’argine ideologico che ancora ha retto nelle comunali del 2017. Basta pensare che nelle comunali il M5S ebbe 3.491 voti (15,28%), mentre lo scorso 4 marzo conquistò 11.507 voti pari al 52,93%.
La media indica che più di un saccense votante su due ha segnato il simbolo pentastellato. L’affluenza è stata buona, quindi significa che l’elettore saccense è uscito da casa determinato a votare i grillini e rompendo qualsiasi schema di appartenenza ideologica.
Se rinfreschiamo il dato elettorale del ballottaggio tra i candidati a sindaco Valenti e Bono, già risulta che il quadro politico emerso non aderisce ampiamente al tessuto elettorale cittadino.
Infatti, al ballottaggio votarono solo 18.736 saccensi, pari al 52,21%. In sostanza, la disputa tra i candidati Valenti e Bono si giocò su una affluenza alle urne che superò di poco la metà degli elettori.
Il risultato, già lo specchio di una volontà elettorale ridotta a metà, appare ancora più anomalo dal verdetto.
Vinse Francesca Valenti con il 54,03% contro il 45,97% di Calogero Filippo Bono. In buona sostanza, il sindaco venne eletto con qualcosa in più della metà della metà degli elettori che si recarono alle urne. Il risultato finì con 9.611 voti per Valenti e 8.177 per Bono. Una differenza di 1.434 voti. Ma su un totale di appena 18.736 votanti che già rappresentano la metà degli aventi diritto e cioè 35.889.
In termini numerici, il sindaco è stato eletto con il 26,7% della massa elettorale, mentre Bono ottenne il 22,78% di questa massa. Dunque, siamo su cifre che già lo scorso anno non rispecchiavamo realmente il tessuto elettorale nella sua pienezza.
Ma questa è già storia passata, anche se sintomatica di un quadro elettorale precario, spesso non aderente alla vera estensione del ventaglio elettorale della gente. Tra l’altro, è noto come le elezioni comunali siano inficiate e condizionate da motivazioni personali: parenti in lista, amici, amici degli amici, obblighi verso i parlamentari.
Nonostante ciò, i grillini nelle comunali del 2017 si confermarono il primo partito con 3.491 voti pari al 15,28%. Le coalizioni nelle comunali hanno il loro peso, e i grillini, presentatisi da soli (come sempre) restarono al palo.
Ma lo tsunami doveva ancora arrivare. I primi effetti, ma ancora non devastanti, si ebbero a novembre con il responso elettorale regionale. La non rielezione di Totò Cascio e Michele Cimino mise in difficoltà i riferimenti saccensi, presenti anche in Consiglio comunale. Basta ricordare che un assessorato fu destinato alla corrente di Michele Cimino per poi fare staffetta con la corrente di Totò Cascio.
La non elezione del senatore Giuseppe Marinello, candidato alle regionali, segnò l’evidente percorso di declino degli alfaniani.
La novità delle regionali fu l’elezione del giovane saccense Michele Catanzaro (PD) e renziano che scavalcò Giovanni Panepinto, l’uomo della montagna. L’elezione del renziano Catanzaro diede la spinta a quanti fanno parte del suo gruppo. Ma il contraltare fu la batosta elettorale che subì il PD alle regionali e il centrosinistra.
Ma veniamo ad oggi. Cosa resta di appena nove mesi fa, e di tre mesi fa? L’effetto dello tsunami grillino che ha spazzato tutto, azzerato il quadro politico esistente. Ma soprattutto ha dipinto una nuova realtà: il saccense se n’è fregato delle sollecitazioni dei partiti tradizionali, dei politici del sistema. Il saccense è uscito da casa con la determinazione a rompere gli schemi, vincoli, lacci e laccioli.
Oggi, l’unico parlamentare saccense che siede al Senato (nessuno alla Camera) è il grillino Rino Marinello. Il quadro politico è cambiato. Radicalmente. Anche la vicina Ribera ha perduto il parlamentare Giuseppe Ruvolo.
E in Consiglio comunale? Il quadro è confusionale. Intanto, il PD è il grande sconfitto insieme ai renziani che immaginavano di avere le redini dell’Italia politica. Attorno a Renzi si era formato un consistente gruppo nel quale è confluito anche quello di Sciacca Democratica. Nella realtà dei fatti il governo cittadino, fatta eccezione di Paolo Mandracchia (Sinistra Italiana) è un monocolore PD.
Ma è la geografia del Consiglio comunale che si sposta come se fosse una placca tettonica. E i movimenti non interessano solo il centrosinistra, ma anche il centrodestra.
Centrosinistra. Bisogna attendere ancora un pò per comprendere se chi gravita attorno al Pd seguita il percorso o assume altre scelte. Dipende anche dall’esito della votazione per la nuova segreteria nazionale. Ma ci sono consiglieri comunali, non eletti nella lista del Pd, ma in liste civiche che appoggiano la maggioranza, i quali sono in attesa di capire il quadro politico. Ad esempio, Futura Sicilia si è disintegrata e non ci sono più i riferimenti politici nei deputati regionali Totò Cascio e Michele Cimino. Consiglieri comunali quali Alberto Sabella e Elvira Frigerio dovranno necessariamente assestarsi politicamente. Carmela Santangelo è stata la prima eletta nella lista Nostra Sciacca, lista civica del sindaco Valenti. Ma è nota la sua vicinanza al neodeputato regionale Carmelo Pullara che all’Ars è col centrodestra. Ma è una scelta politica compatibile, nel senso che la Santangelo localmente appoggia la maggioranza come espressione di una lista civica. Almeno fino a quando l’attività amministrativa non si dimostra coerente con le sue battaglie. Ezio Di Prima è un politico fine, rispettoso dello stretto rapporto familiare con il sindaco. Di prima è un politico obiettivo, realista. Ma anche lui ha bisogno di comprendere lo sviluppo della scena politica regionale e nazionale. C’è Giuseppe Ambrogio che scalpita per entrare in giunta su promessa solenne di Nuccio Cusumano. Ambrogio è riconosciuto per la sua imprevedibilità e tutto è possibile. C’è anche Cinzia Deliberto in posizione di attesa, ma soprattutto in attesa di capire se l’Amministrazione da lei appoggiata è realmente capace di svoltare come promesso in campagna elettorale.
Ma se Atene piange, Sparta non ride.
Gli ex alfaniani. A distanza di nove mesi, un’altra placca tettonica si è mossa provocando un terremoto fortissimo. Alleanza Popolare non esiste più e ha lasciato sul campo una strage. La decisione di Angelino Alfano di non ricandidarsi alle politiche, ha di fatto lasciato orfano un nutrito gruppo che ha retto le redini della città dal 2012 al 2017.
Alternativa Popolare nelle ultime elezioni comunali di nove mesi fa ottenne 2.670 voti, pari al 15,28%, classificandosi al secondo posto dopo il M5S. Oggi, anche con la non ricandidatura del senatore Giuseppe Marinello, l’ex gruppo alfaniano si è praticamente liquefatto. Una parte è confluita in Noi con l’Italia-Udc (Centrodestra), l’altra in Civica Popolare della Lorenzin (Centrosinistra). Nel 2017 l’intero gruppo prese, come scritto, 2.670 voti. Lo scorso 4 marzo, i due schieramenti a Sciacca hanno totalizzato 764 voti (Noi con l’Italia 506 voti, Civica Popolare 258 voti). Una Caporetto.
Chi invece, resiste, anzi aumenta, è Forza Italia 3.205 voti contro i 2.045 del 2017. La candidata, poi eletta, Giusy Bartolozzi (proiettata dall’esterno), è stata sostenuta dall’ex sindaco Fabrizio Di Paola, dagli ex assessori Ignazio Bivona, Salvatore Monte, dal consigliere comunale Lorenzo Maglienti. Silvio Caracappa, nel frattempo, ha lasciato Forza Italia per confluire nell’Udc.
L’ex assessore Gaetano Cognata ha dato l’addio ad alternativa Popolare sostenendo Fratelli d’Italia, anche in considerazione di un suo rapporto diretto col presidente della Regione, Nello Musumeci.
Calogero Filippo Bono ha seguito il senatore Giuseppe Marinello e oggi si trova senza riferimenti politici. Sia Alfano che Marinello si sono volatilizzati. C’è da capire la scelta di Giuseppe Milioti che non può essere, in verità diversa dal posizionamento nel centrodestra. Come del resto, farà anche Pasquale Bentivegna.
Lo Tsunami del 4 marzo ha sconvolto il quadro politico saccense (e non solo, ovviamente).
Nel 2017, questo era il risultato elettorale dei due schieramenti tradizionali: Centrodestra 7.921 voti, Centrosinistra 6.415 voti. I voti di Mizzica e Uniti per Sciacca non sono considerati nel conto. Mizzica ha intrapreso una strada distante e distinta dal Pd, Uniti per Sciacca confluisce nella sinistra, quella nata dalla scissione dal Pd.
Nel 2018, lo tsunami ha lasciato il segno: Centrodestra 5.127 (compresi i 697 voti della Lega di Salvini), il Centrosinistra 2.316. Il centrodestra ha perduto 2.794 voti, il centrosinistra 4.099
Oggi, a Sciacca c’è un quadro politico assai modificato con i saccensi che hanno rotto i vincoli e hanno tributato quasi il 53% dei voti.
La domanda appare spontanea: ma oggi come andrebbe un’elezione comunale per Sindaco e Consiglio comunale? Molto probabilmente, la risposta deve provenire dalla maggioranza che governa la città e soprattutto dalla capacità di dare risposte alle promesse elettorali e al programma presentato agli elettori.
Sono passati complessivamente nove mesi, tre elezioni (comunale, regionale, nazionale). Ciò che è prima della data del 4 marzo appartiene, ormai, alla preistoria. C’è un’altra realtà cui far fronte.