Droni per consegne nelle carceri, allarme dei sindacati

“Nelle carceri italiane da tempo sono  diventati veri e propri aeroporti dove per i droni è possibile atterrare e consegnare facilmente ai detenuti telefonini, droga e persino armi. Ma proprio come per gli aeroporti ci sono strumenti e sistemi tecnologici in grado di garantire il divieto di volo sulle No Fly Zone che includono i penitenziari, salvo aggirare il divieto. Certo, hanno un costo che è decisamente inferiore a quello (28  milioni di euro) delle “casette per l’amore”». A sostenerlo è il segretario generale del S.PP. , Sindacato Penitenziari Aldo Di Giacomo per il quale «aggirare le No Fly Zone è diventato molto semplice come riprovano le decine di casi di droni in carcere nell’ultimo anno. Ad un tecnico esperto bastano 80 euro per intervenire e rimuovere le limitazioni imposte agli apparecchi dalle Autorità di volo. A fronte di questo, come è stato sperimentato, in diverse carceri Italiane, tra cui Siracusa,un sistema brevettato da un’impresa israeliana, esiste ed è efficace». Allora «perché non si mettono in atto le misure più idonee a bloccare l’arrivo di droni? Ci sembra davvero difficile solo pensare che l’Amministrazione Penitenziaria non conosca il segreto di Pulcinella, vale a dire come manomettere il drone per aggirare il divieto di volo».

«Il risultato di tutto questo è che nelle carceri circolano troppi telefonini strumenti essenziali per capo clan e uomini di spicco della criminalità organizzata per continuare a comandare, ad impartire ordini ai territori e non certo per parlare con mogli e amanti» aggiunge Di Giacomo, segnalando che da tempo l’allarme sull’uso dei telefonini in carcere è stato lanciato da alcuni magistrati antimafia.