DIFFAMO’ VITO BONO E LA DITTA BOLLARA: CONDANNATO PIPPO TURCO
Oggi pomeriggio il giudice monocratico del Tribunale di Sciacca, Rosario Di Gioia, ha inflitto all’ex sindaco Pippo Turco la condanna a 5 mesi di reclusione (pena sospesa) per diffamazione nei confronti dell’ex sindaco Vito Bono e della ditta Bollara. Inoltre è stato condannato al pagamento delle spese legali quantificate in euro 2.700
Per il risarcimento del danno, il giudice ha rimandato la decisione al giudizio civile. La parte civile rappresentata dall’avvocato Enrico Di Benedetto ha richiesto 50.000 euro per ciascuna delle parti offese.
Il processo di oggi, almeno in questo primo livello di giudizio, si conclude con la riunificazione di due procedimenti giudiziari. Uno nei confronti dell’ex sindaco Vito Bono, l’altro nei confronti della ditta Bollara. E’ stato l’avvocato Luigi La Placa, che prima difendeva Pippo Turco, a richiedere l’unificazione dei due procedimenti. Nel processo attuale, l’ex sindaco è stato difeso dall’ex procuratore di Sciacca, Carrara.
I fatti risalgono al periodo in cui Vito Bono era sindaco e Pippo Turco consigliere comunale. Quest’ultimo, in un suo intervento in aula, definì l’allora sindaco Vito Bono “un coniglio” e che “si faceva gli affari della famiglia”. Si riferiva al pagamento del debito fuori bilancio, già definito come transazione, di una somma di 700 mila euro che il Comune doveva alla ditta Bollara. Inoltre, nei confronti della ditta Bollara, Turco disse che “si era fatta cambiare la destinazione d’uso dell’immobile”, prima fabbrica di mobili.
In precedenza, nell’ottobre del 2014, Turco fu condannato dal giudice di pace di Sciacca per altra diffamazione all’ex sindaco Vito Bono. Questo procedimento si trova, attualmente, al giudizio della Corte di Cassazione. In questo processo fu condannato al pagamento di una multa di 1200 euro più le spese processuali. Turco in occasione di una seduta del consiglio comunale, seondo il giudice, avrebbe offeso l’onore ed il decoro di Vito Bono, rivolgendogli ad alta voce ed in sua presenza le seguenti espressioni “siamo considerati un paisí picchi avemu un cretino chi ni rappresenta…”. Successivamente si rivolgeva al Bono con fare minaccioso e urlava “…che cosa guardi… che cosa hai da guardare cretino… perché sei cretíno…mi talia puru…chi si mafiusu!…ti fazzu virirí io…”.
Per il legale di Vito Bono, l’avvocato Enrico Di Benedetto, “ci sono stati continui e gravissimi attacchi personali che non hanno precedenti nella storia politica di questa città”.