DIA: “COSA NOSTRA AGRIGENTINA HA FORTE CAPACITA’ DI RIORGANIZZARSI”

Cosa Nostra agrigentina è una struttura provinciale tra le più solide e saldamente ancorate alle tradizionali regole mafiose. E’ scritto nella relazione del secondo semestre 2018 della Dia di Agrigento, al ministro dell’Interno e al Parlamento. L’organizzazione criminale, rimasta nei profili essenziali unitaria e verticistica, si conferma suddivisa nella tradizionale ripartizione in 7 mandamenti e 42 famiglie. Nel panorama mafioso è poi ancora presente la Stidda, in origine nata per scissione da Cosa Nostra e alla quale si contrapponeva. Attualmente, invece, coesistono ed esercita la sua influenza nelle aree di Palma di Montechiaro, Porto Empedocle, Naro, Favara, Canicattì, Campobello di Licata, Camastra e Bivona.

Il legame con Matteo Messina Denaro

“Cosa Nostra agrigentina, con un’articolazione capillare e radicata, continua ad avere una notevole potenzialità criminale grazie ad un pregnante controllo del territorio e ad una significativa capacità d’infiltrazione e di condizionamento del tessuto economico, sociale e amministrativo. Ciò è favorito anche, come accennato, dal degrado economico-sociale che storicamente connota ampie aree della provincia. Una situazione che consente alle consorterie mafiose sia di reclutare manodopera in un ampio bacino di disoccupati che di poter riscuotere un certo consenso nelle fasce più emarginate e bisognose della popolazione – spiega la Direzione investigativa antimafia che, ad Agrigento, è coordinata dal vice questore Roberto Cilona – . La vicinanza con la provincia trapanese e i legami tra componenti agrigentine e soggetti vicini al latitante Messina Denaro concorrono a rendere fluida la situazione di una parte degli assetti territoriali mafiosi e della loro governance di vertice. In generale, comunque, la mafia agrigentina si connota per una significativa capacità di interazione con le consorterie mafiose delle altre province dell’isola – confermando così la struttura unitaria di Cosa Nostra – e le realtà criminali di altre regioni”.

Capacità di rigenerarsi

“L’articolazione girgentina di Cosa Nostra si distingue per una rilevante capacità di ricostituire e rimodulare velocemente i gruppi operativi e le famiglie. Emerge nella provincia un riassetto interno all’organizzazione mafiosa perché imposto principalmente dalle più recenti attività investigative, con le quali sono state – spiega la Dia – tratte in arresto figure apicali, ancora detenute. In particolare ciò è avvenuto, oltre che con l’importante operazione ‘Montagna’ del gennaio 2018 (che ha documentato la rimodulazione organizzativa nell’entroterra montano della provincia con la formazione di un nuova articolazione mafiosa denominata, per l’appunto, mandamento della Montagna), anche con l’ultima operazione di contrasto al crimine organizzato, che ha colpito il vertice del mandamento del Belice. Tale recente attività investigativa è stata conclusa dalla polizia di Stato che, il 29 ottobre 2018, ha eseguito un fermo di indiziato di delitto ed il successivo 19 novembre ha notificato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un soggetto di Sambuca di Sicilia, da decenni al vertice di Cosa Nostra nella provincia di Agrigento, per il reato di associazione di tipo mafioso. Le indagini hanno dimostrato che, dopo la scarcerazione nel 2015, questi abbia ricoperto immediatamente il ruolo di capo del mandamento del Belice. I disegni di composizione e ricomposizione di famiglie e mandamenti ed i progetti affaristico-criminali sono influenzati anche dalle scarcerazioni di affiliati, in particolar modo se già detentori di ruoli apicali in seno all’organizzazione mafiosa. Quest’ultimi, dopo aver scontato la pena, hanno infatti interesse a riprendere appieno le pregresse posizioni di potere, generando così, in taluni casi, frizioni sia nel territorio di appartenenza che in quelli limitrofi. In tale ambito si segnalano, nel periodo in esame, le scarcerazioni di soggetti, anche con ruoli di vertice, appartenenti alle famiglie di Menfi, Santa Margherita Belice e Santa Elisabetta”.

Inserimento nell’economia legale

“L’organizzazione mafiosa, approfittando della perdurante crisi economico-finanziaria e forte di una significativa disponibilità di capitali, ha ancor di più cercato di inserirsi nell’economia legale, impoverendo il tessuto produttivo sano. Le ingerenze mafiose nelle attività imprenditoriali si realizzano innanzitutto nel settore dell’edilizia, mirando ad inserirsi negli appalti pubblici. Va osservato che Cosa Nostra non sempre – scrive la Direzione investigativa antimafia di Agrigento – ha interesse ad aggiudicarsi un appalto: spesso la sua ingerenza nei lavori pubblici è esercitata nei subappalti, ovvero nella fase esecutiva dei lavori, attraverso l’imposizione alle ditte aggiudicatarie del pagamento di un pizzo o della fornitura di materie prime, mezzi e manodopera. In ogni caso, la penetrazione delle consorterie criminali nel settore dei pubblici appalti costituisce storicamente uno dei principali ambiti affaristici mafiosi; in passato, infatti, l’accaparramento e l’illecita gestione delle commesse sono anche stati la causa di pesanti conflitti criminali e motivo di numerosi e gravi episodi delittuosi. A tal proposito si segnala che, il 7 settembre 2018, l’Arma dei carabinieri ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di un ergastolano agrigentino, già appartenente alla famiglia mafiosa di Siculiana, per l’omicidio avvenuto il 22 agosto 1993 a Cianciana, di un imprenditore operante nel settore del movimento terra e del trasporto inerti. All’epoca, la vittima si era opposta all’imposizione delle regole mafiose sulla spartizione dei subappalti”.