SICILIA- Secondo la Procura della Repubblica di Palermo c’era“un disegno criminoso” dietro il caricamento dei numeri nelle piattaforme informatiche del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di Sanità, relativi al Covid.
Il procuratore aggiunto Sergio Demontis e i sostituti maria Pia Ticibno e Andrea Fusco hanno concluso le indagini. I pm confermano l’impianto accusatoriao: sulle piattaforme informatiche regionali e ministeriali, nei mesi scorsi, sono stati caricati dati falsi sul monitoraggio dell’epidemia Covid in Sicilia.
Falso in concorso è il reato che viene contestato a tutti. Soltanto per Di Liberti e Madonia c’è anche la contestazione di avere indotto in errore, trasmettendo dati falsi, il ministero della Sanità e l’Istituto superiore di Sanità che classificarono la Sicilia a rischio basso e non moderato nella settimana dal 14 al 20 dicembre.
Sono sei le persone destinatarie dell’avviso di conclusione delle indagini. L’assessore regionale alla salute Ruggero Razza, l’ex dirigente generale del Dipartimento regionale per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico Maria Letizia Di Liberti (sostituita quando si seppe dell’inchiesta, era finita ai domiciliari) e il direttore del Servizio 4 dello stesso Dasoe, Mario Palermo. Gli altri indagati sono di Salvatore Cusimano, dipendente dell’assessorato regionale all’Industria e nipote di Di Liberti e da lei chiamato a lavorare al suo fianco; Emilio Madonia, dipendente di una società privata che si occupava della gestione del flusso dei dati sul Covid; Roberto Gambino, dipendente dell’Asp di Palermo e distaccato al Dasoe.
Le indagini sono state condotte dai carabinieri del Nas e dei comandi provinciali di Trapani e Palermo. Falsi sarebbero stati i dati caricati in più giorni fra ottobre 2020 e gennaio 2021. Alterato era il numero dei tamponi eseguiti, quello relativo ai nuovi positivi al Coronavirus e i dati sui ricoveri nei reparti ordinari e nelle terapie intensive degli ospedali siciliani che affrontavano ondata di pandemia.
Non ci sono i dati sui morti che erano sì sbagliati, il cui numero non incideva sulle scelte di politica sanitaria. Il dato sui decessi Covid non compare nel capo di imputazione provvisorio perché da esso non dipendeva la collocazione delle regioni in una fascia di colore invece che in un’altra a seconda della gravità della situazione pandemica. Ai decessi faceva riferimento l’assessore Razza quando intercettato parlava di spalmarli. Razza si scusò parlando di “frase infelice”, oggi viene confermato che non c’era rilevanza penale in quelle frasi.
Erano altri i parametri su cui si basava l’adozione delle restrizioni. A cominciare dal rapporto fra nuovi contagiati e tamponi eseguiti, e dalle occupazioni dei posti letto.
Ora gli indagati potranno presentare memorie difensive o scegliere di farsi interrogare. Poi ci sarà la richiesta di rinvio a giudizio.
“Al di là del rilievo penale, sul quale altri giudici dovranno pronunciarsi, le accuse della Procura della Repubblica di Palermo nei confronti dell’assessore Razza e dei suoi più stretti collaboratori confermano un fatto, in sé moralmente più grave dell’ipotesi di reato. Quello cioè che sulle piattaforme informatiche del Ministero della Salute e dell’Istituto superiore di Sanità furono caricati dati falsi sul Covid. Di fronte a questa certezza, non può che indignare il tradimento del patto di lealtà con i Siciliani rispetto alla tutela della loro salute. Indignazione che va ben oltre il “disegno criminoso” di cui parla la Procura. Qualunque cosa decisa di fare Razza, da oggi moralmente non è più l’assessore alla salute di alcuno.” Lo dichiara Claudio Fava, presidente della Commissione antimafia dell’Assemblea Regionale Siciliana.