CRISI POLITICA TRA EMERGENZE E MEZZE VERITA’

Il dato oggettivo della virulenta crisi politica scoppiata all’interno dell’Amministrazione di Francesca Valenti è che nello stato di emergenza in cui vive Sciacca, in diversi settori, mancano due assessori che rivestivano deleghe importanti quali (Brunetto) Gestione Rifiuti, Pesca e Marineria, Servizi a Rete, Affari Legali, e (Segreto) Lavori Pubblici, Infrastrutture e Parcheggi, Patrimonio e Manutenzioni, Edilizia Scolastica. Le deleghe sono di più, ma queste solo quelle più salienti e che riguardano direttamente i bisogni più primari e giornalieri.

Ieri il sindaco Francesca Valenti, il giorno dopo il terremoto politico, ha sottolineato che “Il sindaco sono io e non accetto diktat da nessuno. Nessuno può impormi modi, tempi, persone e non sono assolutamente disponibile ad ultimatum”. Ha criticato le modalità che hanno impresso un’evoluzione alla crisi che, forse, è sfuggito dal controllo di tutti. Modalità che sono state definite “completamente sbagliate. Nessuno può pensare, mentre io sono assente, di pensare che si possano predisporre atti di sostituzione senza che io ne sia a conoscenza”.

E dire che in campagna elettorale lo slogan era “con me, il sindaco sei tu”, mentre adesso la realtà è “il sindaco sono io”. Discorso rivolto alla maggioranza.

L’esperienza insegna che in una vicenda la verità può assumere le sembianze mitologiche di Idra di Lerna. Specie in politica dove le verità si moltiplicano in modo esponenziale, superando anche la fantasia mitologica.

Anche i consiglieri comunali del gruppo di Italia Viva hanno la loro verità. E il tutto si concentra nel pomeriggio dello scorso lunedì scorso in occasione di una giunta municipale convocata alle ore 17 e poi in una riunione di maggioranza convocata alle ore 19. Una riunione di maggioranza che all’inizio si è messa su toni alti delle urla e delle accuse. Ma è stato lo stesso sindaco, con la bacchetta da direttore d’orchestra, a riportare i toni nell’ambito dello spartito di una composizione armoniosa. Tanta armonia che a Gianluca Guardino sono arrivati gli auguri di tutta la maggioranza.

In questa vicenda, non è ancora intervenuto Nuccio Cusumano. La voce di Italia Viva si è propagata, essenzialmente, tramite Giuseppe Ambrogio. Nel gruppo di Italia Viva, come contraltare alle dichiarazioni del sindaco di ieri, fanno osservare chela tempistica era stata stabilita dal sindaco con il medesimo gruppo”. La proposta di Gianluca Guardino come assessore, dopo le dimissioni di Segreto, era stata avanzata “per rimuovere subito la vacatio”. Cioè, prendere subito le redini di un assessorato importante per l’attività amministrativa della città.

A potenziare gli effetti della deflagrazione della bomba politica rendendo più pesanti gli effetti conseguenti, ieri sono state le dichiarazioni del sindaco che hanno stupito non poco Italia Viva per una verità raccontata che al neo costituito gruppo consiliare non risulta. Un gruppo risentito per “l’arroganza dei toni” del sindaco che “cozzano con la responsabilità del gruppo, con l’impegno profuso dagli assessori del gruppo nei settori più  delicati e gravati da costanti emergenze e gravati da mancanza di risorse”.

Il clima politico tra il sindaco e i cusumaniani è di altissima tensione. E pensare che Cusumano fu il primo a presentare, con apposita conferenza stampa, la candidatura di Francesca Valenti. Elezione che avvenne grazie all’apporto delle liste e non certo per esibizione da solista.

Italia Viva non dimentica “le fughe in avanti, in solitudine, fatte dal Sindaco sulle terme, sul Cansalamone, sui rifiuti, sull’acqua”, trasmettendo l’immagine di “una gestione podestarile che annulla l’impalcatura della coalizione attraverso la quale ha vinto le elezioni”.  In buona sostanza, altro che scelte democratiche e concordate. Per Italia Viva, il sindaco avrebbe “gestito il risultato elettorale a piacimento e con benefici per l’area alla quale è collegata (PD  n.d.r.), sconvolgendo il peso elettorale degli altri gruppi”.

Ma c’è di più. Per i cusumaniani, e lo hanno manifestato nei mesi scorsi in diverse occasioni, il sindaco si è incanalato “in un percorso da vero e proprio monocolore PD”. Ha aderito  al PD “senza una preventiva consultazione con la coalizione ma solo con una parte del PD, quella che ha eletto solo un consigliere comunale”.

Il sindaco è stato fuori, ad Arezzo per un’assemblea dell’ANCI. Forse sarebbe stato più utile non lasciare Sciacca nei giorni di una crisi politica grave. Le verità, adesso, appaiono due. Forse quella vera non si saprà mai. Una cosa è certa, è una crisi più complessa e grave rispetto a quella che portò Vito Bono a staccare la spina al mandato sindacale e consiliare.

Filippo Cardinale