Consiglio comunale: si tira a campare (malamente)
SCIACCA.
EDITORIALE DI FILIPPO CARDINALE
Se Atene piange, Sparta non ride. Contestualizzando le condizioni delle due città alla fine della guerra del Peloponneso, oggi è il caso di una rivisitazione ponendo sul tavolo del pianto le due condizioni delle istituzioni cittadine: se l’Amministrazione comunale piange, il Consiglio comunale non ride.
Le due istituzioni cittadine sono in crisi e si sono infilate in un vortice che risucchia l’attività politico-amministrativa infilandole nella tempesta perfetta.
L’Amministrazione comunale arranca e porta appresso il peso di scelte politiche deraglianti. Basti pensare all’azzeramento, basti pensare che in tre anni sono stati cambiati 15 assessori e altri due sono in procinto di entrare per aggiungere due strapuntini al banco degli assessori, che da 5 poltrone si estende a sette nei prossimi giorni. Basti pensare che l’Amministrazione, che era forte dell’appoggio di 14 consiglieri, oggi è ridotta a sette. Un restringimento fortissimo paragonabile all’uso sbagliato di un lavaggio con il più tradizionale elettrodomestico familiare.
Ma se Atene piange, Sparta non ride, abbiamo detto. A non ridere è il Consiglio comunale, luogo nel quale è avvenuta una trasformazione che di fatto ha mutato e sconvolto la rappresentanza elettorale. L’opposizione da 10 consiglieri è lievitata a 12. La maggioranza da 14 si è ristretta a 7. Poi c’è la zona grigia formata da tre consiglieri di Italia Viva che si sono resi distanti dalla coalizione iniziale di centrosinistra che ha vinto le elezioni. C’è il caso di Paolo Mandracchia, detto l’azzerato (insieme agli altri quattro colleghi, fra cui Filippo Bellanca, cancellati con un colpo di spugna dalla lavagna del 1° governo Valenti) che è critico ma non si è reso ancora indipendente.
Oggi, il Consiglio comunale è la versione errata e non riveduta del sistema democratico. Chi governa non ha la maggioranza, chi è all’opposizione rischia di essere tacciato di “irresponsabilità” nell’esercitare il ruolo proprio di chi ha tale compito: opporsi e criticare chi governa. La confusione di tali ruoli porta all’anarchia, virus pericoloso che ha trovato ospitalità all’interno del civico consesso.
Fino a quando non si fa chiarezza, tale anarchia resisterà al tempo. Ecco perché vi è il serio rischio che per i prossimi 16 mesi si tirerà a campare. In tale deleteria forma di agonia prolungata, vi sono ulteriori patologie di qualcuno dell’opposizione che, a seconda delle volte e con un turno sospettoso di assenze, fa da stampella occulta all’Amministrazione comunale. Il sindaco sostiene che può contare sull’aiuto di 3 consiglieri dell’opposizione. Chi saranno i Giuda? Non è difficile intuire.
Il Consiglio comunale ieri sera ha perso un’occasione: tentare di presentare controdeduzioni al deliberato del Consiglio regionale urbanistica relativamente al Piano regolatore generale. E’ noto a tutti che è uno strumento urbanistico desueto, non aderente alla realtà di Sciacca, e che contiene alcune anomalie penalizzanti. C’era tempo fino ad oggi per presentare le controdeduzioni. Il Consiglio comunale non è stato in grado di difendere la città. Non lo è stato perché in 17 hanno conclamato il loro stato di incompatibilità. Non entriamo nel merito perché occorre un libro e non abbiamo spazio per scrivere un tomo. E’ però innegabile che la funzione del Consiglio comunale è stata imbrigliata.
Altro elemento che caratterizza il tirare a campare è la questione relativa all’approvazione dello statuto di quella che sarà l’Azienda speciale consortile che gestirà (avrà la presunzione di gestire il servizio idrico della provincia agrigentina. E’ salutare ricordare l’Eas e i debiti che lasciò al Comune. Come è salutare ricordare la gestione delle Terme). Essendo radicato il concetto della gestione pubblica dell’acqua, è il metodo sbagliato con cui si va avanti. I Consiglieri comunali dovrebbero approvare lo statuto della ancora da costituire azienda senza conoscere le conseguenze finanziarie. Ovvero, senza avere contezza del piano economico e del piano degli investimenti. Insomma, per fare una brutale sintesi, ora approvi e po’ si vidi.
Ieri sera echeggiò in Aula il nuovo hashtag #iorestoqui. Un hashtag che ricorda gli eroi studiati in storia. La domanda appare spontanea: è responsabilità o irresponsabilità? Se chi offre il proprio petto al grido #iorestoqui e approva a occhi chiusi, sarà disposto a risarcire i contribuenti nel caso in cui l’azienda consortile speciale non darà quei risultati sognati con una riduzione della tariffa? E se la tariffa, alla fine, sarà più esosa e il Comune verrà appesantire in negativo il suo bilancio?
Ci piace ricordare che proprio il sindaco Francesca Valenti (che è anche presidente dell’Ati), in una seduta consiliare, espresse le sue perplessità rispetto alla forma giuridica dell’azienda consortile speciale. Qualche esempio di tale forma giuridica messa in atto in Italia (rarissimi casi) ha creato disastri gestionali e anche al bilancio comunale. Condividiamo le perplessità del sindaco, pienamente. La scelta di tale forma giuridica trovò il parto dell’Ati (e ieri sera lo ha ricordato il sindaco) grazie alle “spinte pressanti” delle associazioni, ma senza nessun apporto di documenti finanziari.
La verità è che i politici passano, mentre i pesi rimangono sulle spalle dei contribuenti. Chi oggi dice di metterci la faccia, domani sarà sparito come un piccolo meteorite. E il cittadino ci mette il portafoglio, invece.