CGIL: “SIAMO UNA PROVINCIA ASSUEFATTA AL NULLA”
Viviamo in una provincia caduta in letargo da anni. In verità da decenni. Una provincia nella quale tutto si blocca inesorabilmente. Gli investimenti nelle infrastrutture pubbliche sono chimere. Quando c’è una possibilità come il rigassificatore, tanto per citare un esempio, la si blocca senza creare un’alternativa. Uno stallo che porta all’arretratezza, all’intensificarsi di una crisi economica che trae origine dai primi anni del 1990 senza mai cambiare rotta, affievolirsi. Una lunga crisi che ha gettato in profonda depressione socio-economica la nostra provincia.
Una situazione tragica che bene sintetizza il segretario generale della Cgil agrigentina, Massimo Raso. “La tragedia di Genova ed il collegamento con il “nostro” Ponte Morandi, la ripresa dell’attività sismica nell’Italia centrale, la pubblicazione dell’elenco delle “incompiute” (che è un elenco assai più lungo di quello monitorato dalla Regione), tutti fatti e questioni assolutamente diverse che, tuttavia, sottolineano l’esigenza con forza e comunemente di guardare con occhi diversi al tema dell’infrastrutturazione del territorio, alla qualità del costruito, all’esigenza sempre più avvertita di indirizzare le risorse, pubbliche e private, verso l’innovazione e i beni comuni”.
E invece, nella nostra provincia il telo del silenzio si fa più fitto. I politici sembrano come personaggi in cerca di autore. La loro incisività a proporre soluzioni, nuove rotte di crescita, di sviluppo, è pari allo zero.
Massimo Raso sottolinea come la “CGIL aveva individuato queste necessità nel suo “Piano del lavoro” con il quale chiedeva di creare nuovi posti di lavoro, mettendo al centro il territorio, riqualificando industria e servizi, riformando Pubblica Amministrazione e welfare, con l’ambizione di dare senso all’intervento pubblico come motore dell’economia”.
Per Massimo Raso, “serve mettere attorno ad un tavolo le Istituzioni locali e le Organizzazioni di rappresentanza per capire, ad esempio, come sono attrezzati gli Uffici Tecnici Comunali in termini di quantità e qualità del personale. Occorre ragionare per aree vaste favorendo le aggregazioni di Comuni e spingerli a ragionare insieme su come aggredire queste criticità e su come programmare politiche di sviluppo e di intervento”.
E un punto di domanda di Raso è emblematico: “a quasi 2 anni dall’annuncio in pompa magna davanti al Tempio della Concordia del Patto del Sud, quanti e quali cantieri sono partiti?” Una domanda legittima che fa il paio con l’altra: “Come vengono impiegati i fondi europei”?
Altra considerazione del segretario generale della Cgil. “I Comuni, l’ex Provincia, le Associazioni dei Costruttori, gli Ordini Professionali insieme al Sindacato possiamo trovare una sintesi per definire una comune azione insieme ai Parlamentari del Territorio oppure dobbiamo continuare in questa inconcludente e, spesso, inesistente recita a soggetto giusto per strappare un titolo ed una foto che sono buone solo ad alimentare la nostra vanità di persone e/o di organizzazione?”
“E’ troppo auspicare una “lobby del territorio” che si occupi di definire una linea d’azione comune nei confronti dello Stato, della Regione, dell’Anas, delle Ferrovie ecc. in grado di centrare obiettivi di sviluppo condivisi?”
Intanto, la triste realtà risiede in una successiva considerazione di Raso: “In tutta la Sicilia si è aperto un dibattito sulle ZES, le Zone Economiche Speciali. Tranne ad Agrigento”. Una considerazione che è la rappresentazione reale della nostra provincia, terribilmente e costantemente posizionata in basso alle classifiche economiche.
Esiste la nuova Autorità Portuale. “Dobbiamo affidarci alla interlocuzione dei singoli Sindaci o dobbiamo aprire una discussione seria su come possiamo utilizzare questa opportunità?”. “Cosa vuole fare dei suoi porti (Porto Empedocle, Licata, Sciacca) come li rende al servizio del turismo, dell’Industria, dell’Agricoltura?”
L’amara conclusione non può che essere: “Siamo alla desertificazione dell’apparato industriale. Qualcuno se ne preoccupa in questa provincia?”
E’ una domanda alla quale è difficile dare una risposta. Siamo come un vecchio ponte, traballante e che attende lo scossone finale per il suo crollo.
Filippo Cardinale
(Foto del Corrieredisciacca)