CENTRO STORICO: ATTRARRE LA PRESENZA, NON IMPORLA
Il cuore della città pulsa con affanno. Negli anni, è stato modellato a luogo di movida, perdendo il ruolo di aggregazione sociale, di punto di riferimento.
Di Filippo Cardinale
Ho sempre sostenuto , sulla carta stampata e in varie occasioni di dibattito, che il turismo è una scienza esatta, e per tale ragione non vi è spazio per superficialità, approssimazione, improvvisazione. Esso va coltivato, nutrito, seguito, come una creatura umana che si segue sin dalla nascita e lungo tutto il percorso della vita. E’ cultura che affonda le radici in uno modo di pensare, di fare, di agire. Una cultura che deve trovare sinergia e condivisione nel territorio, nella comunità.
La nostra Sciacca da diversi anni, in modo particolare nella stagione estiva, lamenta un cuore della città he non pulsa come quello delle altre città a forte connotazione turistica. Crescono le lamentele dei titolari delle attività che in esso gravitano, crescono le insoddisfazioni di noi saccensi che non troviamo nel centro storico quel punto di aggregazione cui è chiamato a svolgere. E allora, vi è senza dubbio, una riflessione da compiere, evitando quel tono populistico ed eternamente pessimistico che, purtroppo, rappresenta l’ingrediente principale di considerazioni che, spesso, si allontanano dalla ragione, logica, realtà. Vi è una subcultura dominante, purtroppo, che se continua ad essere replicata, non è foriera di novità importanti, e tanto peggio non affronta la questione alle radici.
La crisi che attanaglia l’Europa, in modo particolare l’Italia, è sotto gli occhi di tutti. Recessione, freno dei consumi, difficoltà economiche delle famiglie. Le ultime statistiche dicono che metà degli italiani non va in vacanza. Il settore turistico soffre, quello alberghiero pure. Del resto, nella nostra Sciacca, il primo quadrimestre del 2012, con dati forniti dall’Ufficio Turistico regionale, segna un calo delle presenze rispetto allo stesso periodo del 2011. Vi è di più. Nonostante le 400 mila presenze annuali registrate lo scorso anno, la nostra Sciacca ha perso tantissimo rispetto a 15-20 anni fa. Il flusso delle presenze è stato costantemente in calo. Nascondere, o sottostimare, questo dato vuol dire mettersi i paraocchi per non guardare la realtà.
Qualcuno, forse preso dall’emozione della telecamera, ha detto che “i turisti bisogna prenderli dalle strutture alberghiere e portarle in centro storico”. Se il problema fosse questo, la soluzione sarebbe facile. Ma di fronte alla soluzione prospettata c’è un errore di fondo: si dimentica che l’ospite è in vacanza e ha diritto al rispetto delle sue scelte che, comunque, non possono mai subire imposizione. Semmai, bisogna lavorare nella direzione di rendere il centro storico, l’accoglienza della città, i servizi offerti, simili ad una sirena capace di attrarre. Non si impone nulla nel turismo, non si impone nulla al turista, semmai bisogna coccolarlo con offerte davvero convincenti. Sciacca, ma non è la sola, disloca le strutture alberghiere fuori dal perimetro urbano. Si addita a queste la “colpa” di organizzare “intrattenimenti” che non invogliano il turista a recarsi in città. Le strutture fanno il loro mestiere e lo sanno fare bene, altrimenti perderebbero le loro peculiarità, oltre che clienti. Del resto, Sciacca non è una città dove si chiudono affari nazionali e internazionali. Le strutture alberghiere sono tarate per la vacanza e non per gli incontri d’affari.
Allora è la città che deve essere intelligentemente “competitiva” con le strutture turistiche. La città deve, cioè, essere pronta a corteggiare, coccolare, gli ospiti presentando il suo ventaglio di offerta. L’offerta non può, certamente, limitarsi a offrire qualche svago sotto la forma di saggi scolastici, o di perfomance di scuole di danza. Né tantomeno l’iniziativa di qualche pub, aumentando il volume della musica, può rappresentare un forte richiamo sia per il turista che per il saccense. Un centro storico caotico, nel quale si respira smog, nel quale la passeggiata diventa uno slalom tra auto in movimento o parcheggiate in modo selvaggio, nel quale dopo le ore 20 avviene la serrata dei negozi, non è certo il massimo della vocazione turistica.
Il centro storico di Sciacca, per volontà di taluni amministratori, è stato, da diversi anni, costruito a misura più calzante per i giovani, dimenticando un’importante fascia anagrafica. Gli usi giovanili hanno “imposto” orari improbabili, movimentando il centro storico nelle ore sempre più prossime a quelle piccole. Musica, attività commerciali, sono stati “modellati” in funzione del mondo “notturno”, con ciò creando, spesso, forti lamentele da parte di chi abita nel cuore della città costretto a fare alba tra schiamazzi e altro ancora. Il centro storico, di fatto, ha perso quel ruolo di aggregazione sociale, di punto di riferimento. Sfuggito dal controllo delle amministrazioni dal punto di vista del decoro, del concetto di armonia d’insieme, di offerta di servizi e di accoglienza, si è trasformato in un luogo propenso all’affare del consumo dell’alcol, quasi un perimetro inibito a chi non è uso agli usi del mondo giovanile. E’ mancato un progetto di sviluppo, regolato dal punto di vista dell’arredo e del decoro, capace di segnare linee guide inderogabili che potessero aiutare gli esercenti a creare quell’ambiente proprio dell’aggregazione sociale, di punto di riferimento. Vi è parecchio lavoro da svolgere, su questo tema, per alzare e rendere più elevati gli standard d’offerta.
La nuova amministrazione comunale non ha ancora toccato i due mesi di attività. Vi sono interessanti segnali di risveglio, di iniziative, ma soprattutto appare evidente il segnale di un’amministrazione che è dedita al lavoro presidiando gli uffici dalla mattina alla sera. Rivitalizzare il centro storico è, senza dubbio, uno degli obiettivi che l’amministrazione ha in agenda. Ma non è solo un compito di sua esclusiva. Un calendario di intrattenimenti non può solo essere a totale carico della spesa pubblica. Deve essere, senza dubbio, condiviso da chi da un cuore della città pulsante ne trae beneficio economico. Appare evidente, dunque, come un armonioso rapporto tra gli operatori e gli amministratori comunali possa essere foriero di idee interessanti.
Se qualcuno immagina ancora che la mammella comunale possa somministrare latte sotto l’egida dell’irrazionale si sbaglia di grosso.