CBD in Italia e in Europa: la normativa di riferimento

La Legge 242/2016, se da un lato ha dato un impulso decisivo alla nascita della filiera della canapa industriale, dall’altro ha generato diversi dubbi interpretativi. A fare chiarezza riguardo la posizione giuridica del CBD è intervenuta una sentenza della Corte Europea.

Da diversi anni sono presenti sul mercato numerosi derivati dalla ‘cannabis light’. Prodotti come l’hashish legale e l’olio di CBD possono oggi essere acquistati nei tanti negozi specializzati o anche online.

Questa facilità con la quale è possibile reperire questi prodotti ci porta a pensare che sia tutto perfettamente legale. Ma è proprio così?

In questo articolo facciamo il punto sulla normativa italiana ed europea sulla cannabis, soffermandoci, in particolare, sul cannabidiolo (CBD) e sul suo status legale.

Il CBD è sicuro?

Il cannabidiolo è una molecola estratta dalle infiorescenze della canapa sativa che viene utilizzata nella preparazione di oli, creme, tisane e altre tipologie di prodotti.

Al contrario del delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), un altro composto ricavato dai fiori della cannabis, il CBD non è una sostanza drogante e non ha effetti psicoattivi. Per questa ragione, esso non rientra nelle tabelle delle sostanze stupefacenti e psicotrope (DPR 309/90) e dunque il suo utilizzo non viola alcuna legge.

Viceversa, le infiorescenze di cannabis con alto contenuto di THC rientrano tra le sostanze stupefacenti e psicotrope.

Ma la sua principale peculiarità sembrerebbe quella di essere una sostanza sicura: se somministrato alle dosi consigliate, il CBD non crea effetti collaterali. A dirlo è l’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo la quale il CBD non comporterebbe rischi per la salute, né creerebbe dipendenza.

CBD: la normativa italiana

Nella legislazione italiana la legge di riferimento in materia di cannabis è la legge n. 242 del 2016 che ha per scopo quello di promuovere la coltivazione e la filiera della canapa industriale.

La legge consente la coltivazione della canapa sativa L. per ricavarne specifici prodotti (semilavorati, cosmetici, alimenti ecc.), al fine di favorire lo sviluppo e la diversificazione della produzione agroalimentare italiana.

La normativa, in particolare, permette di lavorare e coltivare piante di canapa che presentino una concentrazione di THC inferiore allo 0,2% ma, fra le destinazioni indicate dalla legge, manca il consumo umano: non viene prevista la coltivazione, la produzione e la vendita delle infiorescenze di canapa per attività ricreative.

Si capisce, dunque, come questa legge non abbia nulla a che fare con il processo di legalizzazione della cannabis. Essa, tuttavia, ha fatto emergere diversi dubbi interpretativi che hanno aperto la strada alla nascita e alla rapida diffusione della cannabis light.

La caratteristica distintiva della canapa legale e dei prodotti da essa derivati è quella di assicurare una percentuale di THC inferiore allo 0,2%. Qualora la consistenza di questo principio attivo nel prodotto sia maggiore di questa soglia, si configura una fattispecie di reato che ha conseguenze penali.

Pertanto, il THC è proibito a causa dei suoi effetti droganti, mentre gli altri cannabinoidi possono essere liberamente venduti, giacché non presentano rischi per la salute.

Di conseguenza, la compravendita di derivati della cannabis light a base di CBD è legale quando quest’ultimi rispettano il limite dello 0,2% di THC. Restano, però, irrisolti i dubbi interpretativi sulla vendita delle infiorescenze di canapa light.

CBD: la normativa europea

Ma il dibattito sulla commercializzazione della cannabis light non riguarda solo l’Italia. Una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea contribuisce a fare chiarezza sulla situazione giuridica del CBD.

Nel 2020 la Corte, intervenendo per dirimere un caso relativo alla circolazione di merci all’interno dell’Unione Europea, ha affermato che “uno Stato membro non può vietare la commercializzazione del cannabidiolo (CBD) legalmente prodotto in un altro Stato membro”, qualora rispetti le normative previste in ambito europeo.

Viene, così, implicitamente autorizzata la vendita del CBD in tutti gli Stati membri dell’UE, i quali però restano liberi di adottare delle restrizioni riguardo alla commercializzazione di prodotti contenenti tale sostanza per ragioni di tutela della salute pubblica.

Secondo la Corte, in particolare, il CBD sarebbe una sostanza legale, dal momento che non avrebbe effetti dannosi sulla salute, come testimoniato dai numerosi studi scientifici condotti sul tema. Come fa notare la Corte, peraltro, il CBD non è inserito nella Convenzione sulle sostanze psicotrope dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

In conclusione

La compravendita di derivati di cannabis light a base di CBD è legale in tutti i paesi dell’Unione Europea. Anche in Italia, dunque, trova applicazione la sentenza della Corte di Giustizia dell’UE prima citata.

La normativa di riferimento resta la legge 242/2016 la quale, però, presenta delle ambiguità e apre la strada a dubbi interpretativi. Questo in particolar modo riguardo la presunta legalizzazione delle infiorescenze della cannabis light, che come è dimostrato dal crescente interesse verso i principali siti di settore, come JustBob.it, merita oggi più che mai attenzione e chiarezza.

In definitiva, resta illegale l’uso ricreativo della cannabis light in Italia. Rimane, dunque, il divieto di fumarla o assumerla per via orale o sublinguale, anche quando si tratti di prodotti contenenti CBD.

È, pertanto, peculiare lo status giuridico tanto delle infiorescenze quanto dei semi di marijuana light, dato che possono essere acquistati ai soli fini collezionistici.