CASO CROCETTA, “L’ESPRESSO” CONFERMA (DI NUOVO) TUTTO. “SIA CHIARO: QUELLA TELEFONATA, ORRENDA, IMBARAZZANTE, ESISTE. PURTROPPO”
Ancora una volta L’Espresso torna a ribadire l’esistenza di quella “orribile” telefonata tra Tutino e Crocetta. E’ il direttore del settimanale a intervenire sul sito de “L’Espresso”.
“L’Espresso- scrive il direttore Luigi Vicinanza- non ha inventato nulla, non ha aggiunto nulla e non ha nascosto nulla. Ha avuto una notizia, l’ha verificata e l’ha pubblicata. Del tutto indifferente a eventuali strumentalizzazioni politiche. Ed esiste esattamente come riportato nel nostro articolo. Il medico Matteo Tutino parla con il suo grande amico, il presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta, e pronuncia parole atroci: Lucia Borsellino «va fatta fuori come suo padre».
Il padre è il giudice Paolo, assassinato dalla mafia il 19 luglio 1992. Come abbiamo scritto, il governatore Crocetta non ha replicato a quelle parole. Da quando “l’Espresso” ha pubblicato la notizia – prima sul proprio sito giovedì e poi sul numero in edicola da venerdì – quella conversazione è al centro del dibattito pubblico non solo in Sicilia. Crocetta si è prima autosospeso dall’incarico (procedura non prevista dallo statuto regionale) poi invece ha sostenuto di essere vittima di una “campagna di delegittimazione pretestuosa”.
Ha parlato addirittura di un “metodo Crocetta” attuato per indurlo alle dimissioni ed eliminarlo politicamente. La Procura della Repubblica di Palermo ha poi negato in maniera categorica la presenza dell’intercettazione negli atti giudiziari.
Come stanno le cose? “L’Espresso ha pubblicato il testo di una telefonata tra Tutino e Crocetta. Il colloquio risale al 2013: il primo è un potente medico dell’ospedale pubblico Villa Sofia, il secondo è già stato eletto presidente della regione. I nostri cronisti a Palermo l’hanno ascoltata e ne hanno verificato l’autenticità con diverse fonti di tutti gli ambienti investigativi. E dopo l’arresto di Tutino con l’accusa di aver truffato il servizio sanitario regionale, avvenuto il 29 giugno scorso, l’autenticità di quella conversazione è stata nuovamente verificata. Solo dopo tutte questi controlli è stata pubblicata sul nostro giornale. Già in passato per tutelare il segreto di inchieste relative a cariche istituzionali, la procura di Palermo ha smentito rivelazioni de “l’Espresso” che poi si sono dimostrate vere. Come quando anticipammo la notizia dell’iscrizione dell’allora presidente del Senato Renato Schifani nel registro degli indagati: la procura negò. Trascorsero mesi, la notizia si rivelò fondata. Nella complessa e frastagliata realtà siciliana, capita a volte a un giornale di dover raccontare verità scomode e diverse da quelle ufficiali”, conclude il direttore de “l’Espresso”