BLITZ ANTIDROGA “VELENO”: LE DUE FACCE DI UNA RIBERA “STUPEFACENTE”
Come nasce e si sviluppa l’attività investigativa che per numero di persone coinvolte ha superato il blitz antimafia “Scacco Matto”
Una premessa è d’obbligo, ma soprattutto di correttezza giornalistica. Tutte le persone coinvolte nell’operazione antidroga denominata “Veleno” allo stato attuale rivestono il profilo di indagati. La conclusione delle indagini darà il via alla fase della richiesta di rinvio a giudizio, la quale sarà vagliata dal giudice per la udienza preliminare che avrà il compito di decidere se l’impianto accusatorio andrà a dibattimento processuale. Luogo nel quale le parti si confronteranno davanti il Tribunale, la pubblica accusa sosterrà l’impianto accusatorio, gli avvocati metteranno in campo le stategie difensive. Va da sé, poi, che l’ordinamento giuridico italiano prevede tre gradi di giudizio. Fino a sentenza definitiva, la Costituzione è abbastanza chiara sulla presunzione di innocenza.
Fatta questa premessa, sulla scorta delle investigazioni condotte dalla Compagnia dei carabinieri di Sciacca, dal suo Nucleo Operativo e dalla aliquota presso la Procura della Repubblica, coordinate dalla Procura della Repubblica di Sciacca, il giudice per le indagini preliminari ha ravvisato la sussistenza delle esigenze cautelari in diversi livelli di restrizione.
Il quadro delle investigazioni – che non si fermano e che continueranno in una seconda fase per come è stato preannunciato nel corso della conferenza stampa, svoltasi a conclusione del blitz – dipinge una realtà riberese a doppia faccia. Da una vi è la conferma che il centro crispino rappresenta un mercato che assorbe una importante quantità di sostanze stupefacenti, leggere e pesanti. Dall’altra, emerge un coinvolgimento di presunti spacciatori che creano uno spaccato con i “soliti noti” alle forze dell’ordine. E’ come se si fosse cambiata strategia, con l’avanzata di identità inedite agli investigatori.
Da questo punto di vista, il lavoro investigativo svolto, durato due anni, è andato in profondità, superando difficoltà notevoli proprie di uno scenario che aveva pochi punti di riferimento con le precedenti operazioni antidroga. Un lavoro che, oltre alla costante volontà di combattere il fenomeno da parte della magistratura inquirente e delle forze dell’ordine, denota il livello professionale degli investigatori.
Questa volta, oltre alla missione costante di repressione e di prevenzione, la molla che ha fatto scattare una lotta ancora più “spietata” al fenomeno devastante e crescente (e tante volte evidenziato dagli Uffici della Procura) è stato un preciso fatto accaduto nella notte tra il 28 e il 29 dicembre 2011: la morte di Jessica Miceli, la cui vita fu stroncata a venti anni per overdose. La Procura della Repubblica è andata fino in fondo per capire le cause di un decesso di una ragazza che godeva di buona salute. L’esame autoptico e gli accertamenti istologici confermarono il decesso a causa di overdose.
Le investigazioni non si fermarono qui. Proseguirono senza risparmio per individuare chi aveva fornito la dose letale di sostanza stupefacente alla giovane Jessica. Indagini che proseguirono con una attività di escussione dei familiari e degli amici della vittima. In modo più capillare con coloro che avevano trascorso la serata con la giovane, prima del suo decesso avvenuto nella sua abitazione. Investigazioni che hanno utilizzato intercettazioni telefoniche e ambientali. Attività che hanno portato gli investigatori alla individuazione di Valerio Zinerco quale presunto autore della “cessione letale” di eroina. Su Zinerco, l’accusa avanzata dalla Procura, oltre a quello dello spaccio, è anche quella di omicidio colposo.
Ma le investigazioni iniziarono a dipingere un vasto e fiorente mercato di sostanze stupefacenti di ogni tipo. Un mercato riberese capace di assorbire almeno un chilo di droga la settimana (hashish, cocaina, eroina, droghe sintetiche). L’obiettivo della magistratura inquirente e degli investigatori, a questo punto, ebbe la necessità di ampliarsi e di approfondirsi con ulteriori attività tecniche di intercettazioni telefoniche ed ambientali. Un periodo compreso dal 10 aprile 2012 e fino all’arresto di Gian Matteo Modicamore e Gery Clemente, avvenuto il primo giugno del 2012.
Secondo gli investigatori, sarebbe emerso un contesto abbastanza chiaro e articolato, costituito da due distinti “filoni” di traffico di sostanze stupefacenti relativi al territorio di Ribera.
Secondo la magistratura inquirente, il primo filone farebbe perno su un gruppo di amici, Valerio Zinerco, Antonio Messana, Antonino Salvatore Scozzari, Walter Galati, Ivan Spallino, i quali si rifornirebbero personalmente sia a Ribera, principalmente di hashish e marijuana , dai fratelli Francesco e Giovanni Tortorici, sia a Palermo, e che poi avrebbero trasportato a Ribera. Droga che sarebbe stata custodita in un garage di Scozzari. Luogo che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato punto di riferimento per farne uso individuale e di gruppo, ma anche per attività di spaccio a terzi.
Il secondo filone, secondo gli investigatori, “di ben più ampia rilevanza”, riguarda il traffico di sostanze stupefacenti alimentato da quella che sarebbe la figura chiave, Gian Matteo Modicamore. Secondo la magistratura inquirente, questi, “almeno da dieci anni”, acquisterebbe con importante frequenza notevoli quantitativi di sostanze stupefacenti del tipo hashish “con carichi di 4/5 chili dai propri fornitori palermitani Gaetano e Francesco Verdone, e prima Antonino Billitteri, detto “manuzza”. Quantità che trasporterebbe a Ribera tramite “corrieri”, uno sarebbe secondo gli investigatori Salvatore Alba, ma solitamente tramite i palermitani Raffaele e Ignazio Messina, Angela Mangiapane, Antonina Castagnetti. Secondo gli investigatori la quantità di droga sarebbe custodita nell’abitazione “del suo collaboratore Vincenzo Caico. Sarebbe stato lo stesso Modicamore, secondo gli investigatori, a effettuare le singole cessioni “all’ingrosso” ai propri clienti abituali.
Nella rete gettata all’alba di mercoledì scorso, sono finiti 54 persone. Un numero che potrebbe lievitare fino a 70. Un dato è certo, la lotta alla repressione dello spaccio della droga continua. Dall’altro canto, però, vi è un mercato ritenuto in ascesa. Ribera, purtroppo, da ridente cittadina specializzata nella coltivazione di eccellenti arance – una volta anche nella produzione di un ventaglio di frutta molto più ampio- da qualche anno sale alla ribalta di spaccio e consumo di erba, quella illegale, quella che distrugge giovani e famiglie.
E’ una lotta che sembra impari. Le operazioni effettuate negli ultimi anni dimostrano, però, una attenzione particolare al fenomeno. Il colpo di mercoledì scorso è stato imponente, ciò dimostra che i riflettori sono sempre puntati sul fenomeno. Negli ultimi anni, operazioni sono state eseguite dalla Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza. Quelle di mercoledì stata un’operazione massiccia portata a segno dalla Compagnia dei carabinieri di Sciacca, con il lavoro minuzioso della Tenenza di Ribera e della Stazione di Calamonaci. Coordinare 65 mezzi, un elicottero, 200 militari, è certo il segno di uno Stato che c’è, di una Procura della Repubblica che, nonostante non ancora al completo dell’organico previsto, riesce a dare la zampata per tutelare la legalità sul territorio.