BEN TORNATO A BURGIO VENERABILE FRA’ ANDREA
Oggi le spoglie mortali del Venerabile Andrea da Burgio ritornano nel paese natio. La traslazione nel convento dei Cappuccini di Burgio avverrà oggi alle ore 17. Alle 18,30 sarà effettuata la celebrazione Eucaristica presieduta da Frà Vincenzo Marchese, ministro provinciale dei Frati Cappuccini della provincia religiosa di Palermo.
Pubblichiamo una breve storia del frate cappuccino “Venerabile”, tratta dal sito www.venerabileandreadaburgio.com
Frate Andrea, al secolo Nicolò Sciortino, nacque a Burgio il 10 Settembre 1705. Il piccolo paese dell’agrigentino era il luogo in cui abitavano i suoi genitori : Domenico Sciortino e Ninfa Colletti.
Essi, oltre a Nicolò, ebbero altri cinque figli che, però, furono segnati da destini particolarmente drammatici: il primo fu Paolo del 1692; seguì nel 1695 Girolamo che morì a tre anni; stessa sorte toccò a Doralice Elisabetta che visse un anno soltanto.
La quarta fu Girolama nel 1700;quinto Nicolò e, per ultima, Eufrasina che nacque nel 1711 e morì un anno dopo il fratello Nicolò. Di questi essa stessa testimoniò la santità.
Il suoi genitori erano molto religiosi ed il padre ricevette gli ordini minori.
Il 30 Agosto 1734 Nicolò ricevette la s. Cresima nel paese di Villafranca Sicula e di lì a poco si iscrisse alla Confraternita del SS. Sacramento.
Alla morte dei genitori e di tutti i fratelli, Nicolò si trasferì in casa di Eufrasina, unica sorella sopravvissuta ed andata in nozze a Villafranca Sicula. Nella sua casa, insieme ad una piccola nipotina, rimase fino a che i dissidi con il cognato non lo costrinsero a fare rientro nel suo paese natale.
Per lui era già stato imbastito un matrimonio con la figlia di Marco Antonio Truncali, ma Nicolò si mostrò sempre contrario avendo in cuore, sin da giovane, di farsi frate. E l’occasione per sciogliere ogni legame fu data da una discordia per motivi di dote tra i Truncali e gli Sciortino.
Nicolò bussò alle porte del convento dei Cappuccini per molte volte, ma ricevette spesso dei rifiuti sino a che non si rivolse personalmente al padre provinciale dei Cappuccini, frate Innocenzo da Chiusa. Lo seguì per strada sino al convento di Bivona, piangendo e supplicandolo di dare ascolto alla sua vocazione. Il p.provinciale rimase sbigottito da tanta perseveranza e, arrivato in convento, firmò subito la lettera che autorizzava il giovane di Burgio a recarsi al noviziato.
La vita nel convento di Monte S.Giuliano, ad Erice, iniziò il 1 Aprile 1735 con il nome di Andrea da Burgio.
VOCAZIONE Dinanzi all’Ecce Homo che aveva in casa Nicolò trascorse moltissime ore della propria vita.
La sua caparbietà nell’intraprendere la via del convento fu decisa, quasi ostinata; capace di insistere nonostante i tentativi di proposizione di una vita diversa da parte dei familiari e dei concittadini : Nicolò aveva da sempre deciso che il proprio destino era segnato dall’amore per Dio.
La caratteristica costante della vita del frate fu l’umiltà : dal dormire su di una cassa di legno durante la permanenza in casa dei cugini dopo la morte dei genitori, alla povertà degli abiti per l’intera vita, al digiuno costante, alle continue mortificazioni della carne e dello spirito. Era come se ogni cosa della vita quotidiana fosse, per l’umile frate, una ricchezza che non era dato avere, come se da lui il Signore potesse ricevere soltanto mortificazioni in veste di dono : troppa era stata la sofferenza del Cristo sulla croce in confronto all’abbondanza di bene che Andrea sentiva di ricevere dalla vita.
La sua vocazione cristiana fu, così, sempre segnata dalla povertà e dall’umiliazione tanto che sin dalla fanciullezza era considerato un «servo di Dio», il «cristiano buono e perfetto», il figlio della predilezione amorosa di Dio.
Una sera di Marzo, forse del 1730, i cugini Sciortino interrogarono Nicolò sul pianto ininterrotto che aveva segnato la sua mattinata in campagna. Per nulla sorpreso, il giovane rivelò il momento esatto della chiamata da parte del Signore :
«E come posso io lagnarmi di voi che mi avete tanto amato e beneficato ? Né di altre persone ho io a querelarmi; perché nessuno mi ha mai fatto del male. Solo, cugini miei, ve lo confido di cuore, io piangevo di tenerezza, perché un lampo di luce divina mi fece conoscere che nel mondo tutto è inganno e menzogna, che si trova più sicurezza a vivere nei conventi. Ho inteso nel mio cuore che Iddio mi chiama ad entrare in religione e precisamente in quella dei Cappuccini».
Nelle foto: alcuni oggetti penitenziali con cui il frate mortificava il suo corpo.
il Fonte battesimale dove fu battezzato
L’Ecce homo davanti il quale pregava