Appalti truccati in sanità, coinvolti anche due agrigentini
I finanzieri di Palermo hanno eseguito un’ordinanza cautelare nei confronti di 10 persone, una finita in carcere, 4 ai domiciliari e 5 destinatari di obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria nell’ambito di una indagine su un giro di tangenti per centinaia di migliaia di euro e gare truccate per 700 mln in alcune aziende sanitarie siciliane. Per tre è stata disposta la misura interdittiva di un anno. Gli indagati sono accusati a vario titolo di corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, riciclaggio, emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Con lo stesso provvedimento il gip ha disposto il sequestro di oltre 700mila euro che sarebbe il prezzo della corruzione, e, a carico di 3 società, il divieto di contrarre con la pubblica amministrazione per un anno.
Nell’inchiesta ci sono le dichiarazioni di due ex indagati, poi condannati. Fabio Damiani, ex manager dell’Asp di Trapani e responsabile della centrale unica di committenza degli appalti e il manager agrigentino Salvatore Manganaro, condannati rispettivamente a sei anni e sei mesi e a quattro anni e quattro mesi nella prima tranche dell’inchiesta di due anni fa, hanno dato agli inquirenti input importanti.
Nelle carte anche il padre di Salvatore Manganaro, Cataldo, ex sindaco di Canicattì, e l’avvocato Calogero “Lillo” Mattina,di Racalmuto, che secondo i giudici sarebbe entrato nel sistema spartitorio delle tangenti. Sia Salvatore Manganaro che Mattina sarebbero stati destinatari di richiesta di cattura, che il Gip non ha accolto perché i reati commessi sarebbero datati nel tempo e quindi prescritti.