ANFE: non ci fu truffa. Genco e altri tutti assolti. Centinaia di lavoratori hanno perso il lavoro per il fallimento dell’Ente

PALERMO- Tutti assolti con la formula perché il fatto non sussiste. Si frantuma, davanti al Tribunale di Trapani presieduto da Massimo Corleo,  l’impianto accusatorio per Paolo Genco, presidente dell’Anfe, e per gli altri imputati. Genco era difeso dagli avvocati Massimo Motisi e Cinzia Calafiore. Sotto processo c’erano anche Paola Tiziana Monachella, responsabile dell’Anfe di Castelvetrano, Aloisia Miceli (direttore amministrativo dell’ente, difesa dagli avvocati Roberto Mangano e Miriam Lo Bello), Rosario Di Francesco (direttore della Logistica della delegazione regionale Sicilia Anfe, difeso dall’avvocato Luciano Fiore), l’imprenditore Baldassare Di Giovanni (difeso dall’avvocato Giovanni Di Benedetto).

Paolo Genco cinque anni or sono venne arrestato e trascorse tre mesi agli arresti domiciliari. Secondo l’indagine della finanza, l’imputato avrebbe sfruttato una sfilza di fatture false per dimostrare di avere affrontato spese mai sostenute. E così fra il 2010 e il 2013 l’Anfe avrebbe ottenuto finanziamenti non dovuti dall’Unione europea.
Nel frattempo, Anfe, l’ente di formazione, fallì travolto dall’inchiesta, con la conseguenza che centinaia di persone hanno perso il lavoro. Ottanta dipendenti si erano costituiti parte civile.

Cade dunque anche l’ipotesi che ad emettere i documenti contabili fasi per organizzare la truffa fosse stato Di Giovanni, titolare della “General Informatic Center e della “Cooreplast”. Secondo l’accusa, ottenuti i rimborsi, Genco avrebbe speso i soldi per fini privati, per comprare gli immobili intestati in parte a una società immobiliare, Gli immobili sono stati ora tutti dissequestrati dal Tribunale con la contestuale assoluzione.

Secondo l’accusa, Genco ci avrebbe guadagnato due volte perché gli stessi immobili venivano pure dati in affitto all’Anfe per ospitare i corsi di Formazione. Per dare una parvenza di legalità, l’ente avrebbe simulato di essersi rivolta alle società di Di Giovanni dopo avere fatto un’indagine di mercato per la fornitura di materiale informatico. Secondo la Procura, anche quei preventivi erano frutto di un accordo illecito.

L’inchiesta ha provocato il crac dell’Ente di formazione professionale. Appresa la notizia dell’indagine, infatti, la Regione decise di ritirare l’accreditamento all’ente. Niente accreditamento e niente finanziamenti. Il collasso è stato inevitabile. A distruzione totale, arrivano le assoluzioni.