AMBROSETTI: “C’E’ SILENZIO SUL RISCHIO DELLE TRIVELLAZIONI SUL BACINO IDRO-TERMO-MINERARIO DI SCIACCA”
Riceviamo e pubblichiamo un interessante contributo di Alfredo Ambrosetti sul rischio delle trivellazioni al bacino idro-termo-minerario di Sciacca.
Caro Direttore, nel dibattito che si è recentemente riaperto sulla questione delle trivellazioni per la ricerca di idrocarburi che potrebbero anche interessare il nostro territorio è opportuno rileggere una interessante sentenza del Consiglio di Stato del maggio dello scorso anno che ha richiamato il cosiddetto “principio di precauzione”, troppo spesso ignorato dai soggetti pubblici.
Alcuni anni addietro una società specializzata nella ricerca e coltivazione di idrocarburi aveva presentato al Ministero un progetto finalizzato alla perforazione ed eventuale messa in produzione di diversi pozzi. Il competente servizio regionale aveva espresso un parere negativo poiché “era mancata la valutazione, in seno allo studio di impatto ambientale, della quantità di acqua sottratta alle sorgenti a seguito dell’estrazione nonché la circostanza che i sistemi di controllo che la ditta propone sono finalizzati alla registrazione di fenomeni legati alla subsidenza, che nel caso avvenissero innesterebbero un fenomeno irreversibile, con conseguenti danni insostenibili sulla sicurezza della collettività locale, circostanza questa che induce il Comitato ad avvalersi del principio di precauzione”.
La società ha impugnato dinanzi al TAR il giudizio negativo e quest’ultimo ha accolto in parte le censure sollevate, ordinando di rielaborare lo studio che aveva condotto ad una valutazione negativa. In sede di appello avanti il Consiglio di Stato e quest’ultimo con sentenza del 18 maggio 2015 n. 2495 , ha dato ragione all’Ente pubblico ricorrente, invocando il principio di precauzione; quest’ultimo obbliga i soggetti pubblici competenti ad adottare provvedimenti appropriati per prevenire rischi potenziali per la sanità pubblica, a sicurezza e l’ambiente, ponendo quindi opportunamente una tutela anticipata rispetto alla fase dell’applicazione.
In sostanza il principio, che dovrebbe trovare sempre attenzione ed applicazione, comporta che ogni volta che non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei soggetti titolari di poteri pubblici deve realizzare una prevenzione anticipata rispetto anche al caso in cui i danni siano poco conosciuti o solo potenziali.
I rischi ambientali che il nostro territorio potrebbe correre in caso di trivellazioni anche solo di studio, sono peraltro abbastanza conosciuti: si pensi al bacino idro-termo-minerale che non solo coincide con l’intero territorio comunale secondo quando la Regione ha stabilito nel 1975, ma si estende nel mediterraneo arrivando, secondo alcuni studi importanti (Fondazione Lerici, Edmondo Forlani ed altri) fino a Pantelleria, tant’è che l’acqua solfurea che lì sgorga sottocosta nelle contrade di Nicà e Gadir ha le stesse caratteristiche fisico-chimiche di quella di Sciacca. Ma le acque del bacino, nella parte territoriale, sono molte altre e si trovano in falde molto più superficiali e perciò più esposte a rischi: l’acqua salso-bromo-iodica dei Molinelli, quella salso-solfato-alcalino-terrosa storicamente chiamata Santa, quella oligominerale di Fonta Calda, ed altre esistenti che potrebbero essere ricercate ed utilizzate: l’acqua ferrata, l’acqua degli occhi, ecc..
C’è in questo senso una sterminata letteratura. Ma sulle Terme e sul suo prezioso bacino è calato un assordante silenzio, anzi si è messa in moto una sorta di “damnatio memoriae”, con il tentativo di obliare le cose fatte e coloro che le hanno compiute. Auguriamoci che in attesa che qualcuno affronti con un po’ di giudizio e la necessaria autorità la storia infinita delle Terme, almeno si resista alla follia delle trivellazioni.
Con stima. Alfredo Ambrosetti