ALLA REGIONE SOLO SPESE FISSE E OBBLIGATORIE: ARMAO CHIEDE LEGGE “SALVA SICILIA”
Spese fisse e obbligatorie, quindi stipendi, canoni di locazione e impegni contrattuali da questi derivanti. Il taglio delle spese della Regione Siciliana varato all’inizio di febbraio accende i riflettori sui gravi problemi finanziari che la Sicilia si trascina da anni.
Un effetto paralisi che ha indotto il Pd a lanciare l’allarme e parlare di vero e proprio “shutdown”. I disagi riguardano tutti gli assessorati: l’esercizio provvisorio per gli uffici è finito l’ultimo giorno di gennaio. Le indicazioni della Ragioneria della Regione sono state molto precise e hanno riguardato procedure standard da seguire ed eventuali situazioni limite. Non vere e proprie eccezioni, ma singoli casi “particolari”. I disagi ricadono sulle categorie di lavoratori le cui spettanze non sono contenute all’interno delle spese fisse e obbligatorie (come alcuni precari), ma anche sulle imprese, per esempio, che attendevano i fondi per l’apertura di nuovi stabilimenti. Un totale di risorse che arrivavano a 316 milioni di euro. Le rassicurazioni non sono mancate e, verosimilmente, la situazione dovrebbe tornare alla normalità, ragionevolmente nell’arco di un mese, o poco più. A Finanziaria approvata e Bilancio pubblicato, infatti, occorreranno anche una serie di adempimenti suppletivi e passaggi tecnici, alcuni dei quali riguardano anche la Corte dei conti.
Intanto, l’assessore regionale all’economia Gaetano Armao ha chiesto al ministro dell’economia Giovanni Tria un «intervento normativo» per pagare in 30 anni (anziché in tre) i 546 milioni di debiti. Sarebbe l’unica “exit strategy”per «assicurare servizi essenziali e attività incomprimibili come il pagamento degli stipendi. In una nota ufficiale al ministro, Armao chiede «ai fini del mantenimento degli equilibri di bilancio», ma anche per «scongiurare il mancato esercizio delle proprie funzioni essenziali», un «intervento normativo», da «inserire nella prima finestra legislativa utile». Una norma “salva Sicilia” dunque, ovvero la modifica del comma 874 dell’articolo dell’ulti – ma legge di bilancio nazionale. I numeri sono impietosi: 1.597 milioni la quota di disavanzo già ammesso al ripianamento in 30 anni; 546 milioni la quota da ripianare in tre anni: 164 milioni (assestamento 2018), 488 milioni (bilanci 2019 e 2020).