AL COMUNE L’ACQUISIZIONE DI 50 BUNGALOW DI CONTRADA MARAGANI. ECCO LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE CHE RACCONTA I FATTI

Lo ha disposto la Corte di Appello di Palermo. Le 50 unità entrano nella disponibilità del patrimonio comunale

Il Comune di Sciacca si trova nella disponobilità del suo patrimonio  con 50 bungalow di proprietà della società Aretusa Srl dell’architetto Giorgio Lorefice in contrada Maragani. E’ stata la Corte di Appello a emettere la sentenza, che è esecutiva. In effetti, però, esiste una condizione posta dalla Corte di Cassazione, che rigetta i ricorsi, che se da un lato conferma la confisca della sentenza di Appello, nell’altro pone, però, una condizione: “a meno che la zona non sia urbanizzata”.

Che vuol dire? In buona sostanza, la zona in cui ricadono i bungalow è considerata da urbanizzare nel Piano Regolatore Generale che deve essere approvato. Infatti, la Corte di Cassazione scrive: “la confisca può essere evitata o, se già disposta, può essere revocata allorché l’autorità nell’esercizio legittimo del suo potere di governo del territorio deliberi di variare il piano territoriale con recupero urbanistico dell’area abusivamente realizzata, ma nella fattispecie la delibera anzidetta non è ancora stata approvata dall’organo competente e quindi non è definitiva”. La situazione è delicata perché molti dei bungalow sono stati venduti. I proprietari si troverebbero ad avere confiscato un bene che hanno, a suo tempo, acquistato. La questione nasce diversi anni fa.

I bungalow sono frutto di una lottizzazione abusiva. La storia ha seguito tutti e tre i livelli di giudizio. Tribunale di Sciacca, sentenza del 7 gennaio 2001, Corte Appello di Palermo, sentenza 5 giugno 2003, Corte di Cassazione, sentenza 10 marzo 2010 (Cass. Sez. III n. 9446 ud. 21 gennaio 2010). La vicenda riguarda un complesso di 52 bungalow di mq. 28 ciascuno, su base di cemento e con annesso giardino individuale di mq. 300. Il complesso, ultimato nel 1991, è dotato di alcune strutture in proprietà condominiale .

Con delibera del 22 febbraio 1999, il Consiglio comunale di Sciacca approvava lo schema di massima del nuovo Prg e ricomprese quell’area tra quelle edificabili, destinandola ad edilizia stagionale e ad “attrezzature ricettive per il turismo”. Nel febbraio del 2000 il Comune rilasciò per l’intero complesso la concessione edilizia in sanatoria ( n. 716) sulla base di una domanda presentata a suo tempo (1 aprile 1986) dalla società Aretusa allora esclusiva proprietaria. Dal 1989 al 1995, con contratti-tipo stipulati avanti il notaio, la Aretusa, rappresentata dal Lorefice, stipulò preliminari di vendita per 23 dei 32 bungalow realizzati. In detti preliminari era citata nella premessa l’abusività delle opere e la pendenza di una pratica di sanatoria, trattandosi di costruzioni realizzate entro il 1983. La corte d’appello di Palermo, adita su impugnazione del Lorefice, lo assolse dal reato di truffa per l’insussistenza del fatto, ferma restando la responsabilità civile della società Aretusa ad altro titolo. Confermava il provvedimento di confisca osservando che tale provvedimento poteva essere adottato anche se il reato di lottizzazione abusiva si era prescritto, in quanto era stata comunque accertata una lottizzazione. La Corte di Appello precisava che tale “confisca era insensibile alla concessione in sanatoria conseguita dal Lorefice in quanto essa copriva gli illeciti diversi dalla lottizzazione”.

 

La sentenza della Corte di Cassazione che rigetta il ricorso .

Cass. Sez. III n. 9446 del 10 marzo 2010 (Ud. 21 gen. 2010)
Pres. Grassi Est. Petti Ric. Lorefice
Urbanistica. Lottizzazione abusiva e articolo 35 legge 47 del 1985

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica del 21/01/2010
Dott. GRASSI Aldo – Presidente –
Dott. PETTI Ciro – Consigliere
Dott. TERESI Alfredo – Consigliere –
Dott. LOMBARDI Alfredo Maria – Consigliere –
Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
difensori di Lorefice Giorgio, nato a Sciacca il 18 agosto del 1955;
avverso la sentenza della corte d’appello di Palermo del 5 giugno del 2003;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il procuratore generale nella persona del Dott. Guglielmo Passacantando, il quale ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
letti i ricorsi e la sentenza denunciata.
osserva quanto segue:
IN FATTO
Con sentenza resa in data 7 dicembre 2001, il Tribunale di Sciacca, in composizione monocratica, condannava LOREFICE GIORGIO MARIA, legale rappresentante della s.r.l. Aretusa, alla pena di mesi nove di reclusione e L. 600.000 di multa, quale responsabile del reato di tentata truffa aggravata e continuata ai danni dei promissari acquirenti di alcuni bungalow costruiti senza concessione edilizia in località Maragani di Sciacca, tratti in inganno sulla “regolarità della pratica di condono edilizio” pendente presso il suddetto Comune. Con la stessa sentenza, il Tribunale dichiarava estinta per prescrizione la contravvenzione di lottizzazione abusiva ascritta all’imputato in conseguenza della realizzazione delle suddette unità immobiliari in contrasto con le previsioni dello strumento urbanistico allora vigente, che destinava il terreno sul quale insistevano a verde agricolo, disponendo tuttavia la confisca obbligatoria degli immobili in sequestro ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 19. In favore dei promissori acquirenti delle unità abitative, costituitisi parti civili in relazione al reato di tentata truffa, era altresì pronunciata la condanna generica del Lorefice al risarcimento del danno.
L’oggetto del presente processo riguarda un complesso di n. 52 “termoigloo” con copertura in polisterolo espanso di mq. 28 ciascuno, su base di cemento e con annesso giardino individuale di mq. 300, delimitato da un muretto di recinzione. Il complesso, ultimato nel 1991, dotato di alcune strutture in proprietà condominiale (verde, serbatoio idrico, illuminazione, strade, depuratore, muro di recinzione etc.) o comunque a servizio dei residenti (market, pizzeria, ristorante), insiste su un’area estesa due ettari, qualificata come seminativo ed esclusa sino al 1999 dall’edificazione, se non per scopi legati all’agricoltura. Con Delib. 22 febbraio 1999, il Consiglio comunale di Sciacca, approvando lo schema di massima del nuovo PRG, ha ricompreso quell’area tra quelle edificabili, destinandola ad edilizia stagionale e ad “attrezzature ricettive per il turismo”, ed in data 21.02.2000 ha rilasciato per l’intero complesso la concessione edilizia in sanatoria n. 716 sulla base di una domanda presentata a suo tempo (01.04.1986) dalla società Aretusa allora esclusiva proprietaria. Dal 1989 al 1995, con contratti-tipo stipulati avanti il medesimo notaio, la Aretusa, rappresentata dal Lorefice, ha stipulato preliminari di vendita per 23 dei 32 “termoigloo” realizzati. In detti preliminari era citata nella premessa l’abusività delle opere e la pendenza di una pratica di sanatoria, trattandosi di costruzioni realizzate entro il 1983.
La corte d’appello di Palermo, adita su impugnazione del Lorefice, assolse l’imputato dal delitto di truffa per l’insussistenza del fatto, ferma restando la responsabilità civile della società Aretusa ad altro titolo e per l’inadempimento dei preliminari, da fare valere in altra sede. Confermava il provvedimento di confisca osservando che tale provvedimento poteva essere adottato anche se il reato di lottizzazione abusiva si era prescritto, in quanto era stata comunque accertata una lottizzazione Precisava che tale confisca era insensibile alla concessione in sanatoria conseguita dal prevenuto in quanto essa copriva gli illeciti diversi dalla lottizzazione. Del pari irrilevante era la delibera con cui il Consiglio comunale di Sciacca il 22 settembre del 1999 aveva deliberato lo schema di massima del nuovo Piano regolatore nel quale la contrada su cui insiste il complesso immobiliare in questione è stata destinata ad edilizia residenziale sia pure stagionale, trattandosi di uno schema di massima e non di uno strumento urbanistico definitivamente approvato.
Ricorre per cassazione l’imputato per mezzo del propri difensori con due diversi ricorsi ma con motivi in larga misura comuni. In particolare i ricorrenti deducono:
1) la violazione degli artt 187, 190, 220 495 e 603 c.p.p. per avere la corte respinto l’istanza diretta ad ottenere l’espletamento di una perizia al fine di stabilire l’esatta natura e destinazione del complesso ossia al fine di stabilire se trattatasi di “un insediamento abitativo di case unifamiliari identiche destinate a residenze stagionale”, come ritenuto dal consulente del pubblico ministero ovvero di “un insediamento turistico ricettivo costituente un complesso unitario immobiliare”, come ritenuto dal consulente della difesa, e come tale realizzabile anche senza la convenzione lottizzatoria;
2) la violazione della L. n. 47 del 1985, artt. 18 e 20 nonché omessa motivazione sulla configurabilità della lottizzazione, sia materiale che negoziale: infatti, con riferimento alla lottizzazione materiale, si puntualizza che l’area dove è stato realizzato l’insediamento era stata già individuata dal comune di Sciacca come area di recupero urbanistico mediante apposito piano particolareggiato e, con riferimento a quella negoziarsi evidenzia che le opere sono state realizzate su un unico appezzamento di terreno senza alcun frazionamento; che i contratti di vendita avevano avuto ad oggetto non singoli lotti ma strutture unitarie ;che erano presenti strutture comuni;
3) L’estraneità dell’attuale ricorrente alla lottizzazione perché al momento dell’acquisto da parte della società Aretusa il complesso era stato già realizzato e l’acquirente si era limitato ad alcune rifiniture e ad alienare alcuni fabbricati;
4) esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge al legislatore il quale ha previsto con la L. n. 47 del 1985, art. 38, comma 2 l’estinzione di tutti i reati previsti dall’art. 20 senza alcuna distinzione tra le varie lettere;
5) la violazione della L. n. 47 del 1985, art. 19 perché la confisca può essere disposta solo in caso di condanna e comunque non può essere adottata in presenza di una concessione in sanatoria, rilasciata per l’unico complesso residenziale e non per la lottizzazione: invero, se si considera la confisca una sanzione amministrativa, questa si estingue con la sanatoria; se la si considera una misura di sicurezza, questa può essere applicata nei limiti di cui all’art. 240 c.p.; In ogni caso essa non poteva essere disposta per le scelte pianificatorie già approvate dall’autorità amministrativa.
IN DIRITTO
I ricorsi vanno respinti perché infondati, Con riferimento ai primi due motivi, che vanno esaminati congiuntamente perché strettamente connessi, si osserva, con riferimento al primo, con cui si lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva, che, a prescindere dal problema se l’espletamento di una perizia possa considerarsi prova decisiva, legittimamente i giudici del merito hanno ritenuto del tutto inutile l’accertamento diretto a stabilire se trattasi di un unico complesso immobiliare condominiale o di una pluralità di abitazioni. Ed invero il reato di lottizzazione abusiva sarebbe configurarle sia che i manufatti oggetto del presente procedimento si considerino insediamenti abitativi di case unifamiliari identiche destinate a residenza stagionale, sia che si considerino facenti parte di ” un complesso unitario immobiliare”, essendo in entrambi i casi necessaria la convenzione lottizzatoria, a nulla rilevando la circostanza che la società nell’accatastare le 52 unità abitative non abbia proceduto al frazionamento dell’unica originaria particella in più particelle ma ha optato per l’unica particella con un “subalterno” attribuito a ciascuna unità abitativa, in quanto ciò che rileva non è la modalità dell’accatastamento, ma la natura e la dimensione della trasformazione del territorio. La distinzione tra il semplice abuso edilizio in zona non edificata e la lottizzazione fisica o materiale va individuata nella rilevanza causale della trasformazione del territorio nel senso che l’atto lottizzatorio materiale deve potere influire sulla futura pianificazione del territorio, deve porsi cioè come fatto pregiudizievole del potere pubblico di pianificazione territoriale e non essere diretto unicamente al controllo preventivo di conformità ai piani ed alle norme. In altre parole si ha abuso edilizio allorché l’intervento, per la dimensione del manufatto, non presuppone opere di urbanizzazione primaria e secondaria e pertanto non è necessaria l’autorizzazione; è invece configurabile la lottizzazione materiale allorché l’intervento, per le sue caratteristiche o per le sue dimensioni, sia idoneo a pregiudicare la riserva pubblica di pianificazione territoriale. Quindi i parametri sintomatici di riferimento per verificare se esista un semplice abuso o una lottizzazione materiale prescindono dall’unicità o pluralità dell’intervento e sono costituiti dalle caratteristiche dell’intervento e della relativa area (lotto) nonché dallo stato di urbanizzazione della porzione territoriale sulla quale l’intervento viene effettuato. Pertanto l’intervento, quanto più è rilevante per le dimensioni degli edifici (o del singolo edificio) progettati e quindi per il numero degli abitanti o per le attività da insediare, tanto più tendenzialmente richiede una preventiva pianificazione la quale peraltro dipende anche dalla natura della zona, ossia a seconda che l’intervento debba avvenire in area isolata e lontana dal centro abitato o all’interno di esso o a seconda che esso insista o no in area già dotata di opere di urbanizzazione Inoltre è rilevante anche lo stato di urbanizzazione della zona circostante, perché, ai fini della configurabilità della lottizzazione, si deve tenere conto della necessità o meno del raccordo pianificatorio. Nel caso in esame le varie unità abitative (52), autonomamente funzionali ed autosufficienti, sono state realizzate in zona non edificata ed insistono su una superficie di 20.000 mq di natura agricola e non residenziale e sono state rese funzionali da un complesso di opere di urbanizzazione primaria (rete idrica – elettrica, strade, ecc). Siffatto complesso necessitava quindi, oltre che del permesso di costruire, anche di un piano di lottizzazione predisposto dal Consiglio comunale.
Pertanto non esistono dubbi sulla configurabilità della lottizzazione e sull’inutilità della perizia, posto che il reato come sopra precisato, è configurabile anche in presenza di un unico edificio di dimensioni apprezzabili. Quindi, quand’anche l’intervento in questione fosse considerato unitario, come sostiene il ricorrente, (ma così non è), sarebbe stata comunque necessaria la convenzione lottizzatoria per le caratteristiche e dimensioni dell’intervento. Il reato non si è estinto per effetto della concessione edilizia rilasciata nel 2001 perché il reato di lottizzazione abusiva non è estinguibile ne’ per effetto dell’accertamento di conformità di cui al T.U. sull’edilizia approvato con D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 36 e 45 (già L. n. 47 del 1985, artt. 13 e 22) ne’ per effetto dei vari condoni edilizi che si sono succeduti nel tempo.
Non è estinguibile per effetto dell’accertamento di conformità perché tale possibilità non è ammessa dall’art. 36 citato e peraltro non può sussistere l’accertamento della doppia conformità delle opere eseguite le quali non possono mai considerarsi conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione (cfr per tutte Cass 18 giugno 2004 Semeraro). Non è suscettibile di condono edilizio, in base alle varie leggi che si sono succedute nel tempo, in quanto le varie disposizioni concernenti la sanatoria degli abusi, essendo riferibili a costruzioni singole ed a particolari tipologie di abusi, escludono l’attività lottizzatoria come tale dall’ambito di applicazione della disciplina sanante (cfr Cass. N. 9982 del 2007, 23154 del 2006; 25 febbraio del 2004 Iacovazzi; Cass. 4 febbraio del 2003, Bertelli). Nella fattispecie per eludere il divieto si è artificiosamente considerato quello in questione come intervento unitario. Ma si è già chiarito che ai fini che qui interessano non rileva la qualificazione attribuita dal committente all’intervento, ma la sua natura.
In questo caso non viene neppure in rilievo il problema della disapplicazione dell’atto amministrativo ritenuto illegittimo, in quanto – secondo la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema – spetta al giudice penale verificare la sussistenza dei presupposti affinché possa essere applicata la speciale causa di estinzione. L’ambito di tale potere di controllo è strettamente connesso all’esercizio della giurisdizione penale, sicché il giudice – nell’eseguire l’indispensabile verifica degli elementi di fatto e di diritto della causa estintiva – deve accertare: il tipo di intervento realizzato e la sua riconducibilità alle ipotesi di sanatoria previste dalla legge. Trattasi di compito proprio dell’autorità giurisdizionale – conforme al dettato dell’art. 101 Cost., comma 2, art. 102 Cost., art. 104 Cost., comma 1, e art. 112 Cost. – che non può essere demandato neppure con legge ordinaria all’autorità amministrativa in un corretto rapporto delle sfere specifiche di attribuzione. Il giudice penale, nell’eventualità in cui la normativa sulla sanatoria sia inapplicabile deve dichiarare non integrata la fattispecie estintiva ed adottare le conseguenti determinazioni (cfr per tutte Cass. n. 37274 del 2008; Sez. Un. n. 5115 del 2002).
Infondato è anche il terzo motivo con cui si sostiene l’estraneità dell’attuale ricorrente al reato lottizzatorio per essersi limitato ad effettuare, previa autorizzazione, alcune opere di completamento (rifiniture, allacciamento, asfalto sulle strade, etc.) e a vendere alcuni manufatti già realizzati. In proposito, premesso che il reato di lottizzazione abusiva ha natura permanente e la permanenza dura sino a quando sussiste un’attività edificatoria ancorché limitata ad opere di completamento, si osserva che il Lorefice non si è limitato a vendere manufatti già completamente edificati da altri, ma ha eseguito lavori di completamento (allacciamenti, strade, ecc.) che hanno reso funzionale il complesso. La disposizione richiamata nel ricorso (L. n. 47 del 1985, art. 35, comma 13 in base alla quale in caso di presentazione della domanda di sanatoria è consentito al contravventore ricorrere sotto la propria responsabilità alla procedura di completamento delle opere abusive), esclude la responsabilità del costruttore solo se si tratta di completamento di opere astrattamente sanabili., ma non trova applicazione per le opere che non sono sanabili neppure astrattamente, come la lottizzazione. Eventuali autorizzazioni amministrative rilasciate dal Comune per lavori di completamento della lottizzazione abusiva sarebbero illegittime perché in contrasto con la legge Anche a tal fine il giudice non deve procedere alla disapplicazione di alcun atto amministrativo ma deve solo accertare l’abusività della costruzione prescindendo da qualsiasi giudizio sulla legittimità del provvedimento.
Per quanto concerne il quarto motivo relativo alla confiscabilità dell’area pur in presenza di una sentenza di proscioglimento per prescrizione va confermato l’orientamento consolidato di questa corte che è stato ribadito la pure con qualche adattamento, anche a seguito della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo pronunciata il 20 gennaio del 2009 sul ricorso proposto contro l’Italia dalla s.r.l. Sud Fondi ed altri Dopo tale sentenza la disposizione dell’art. 44, comma 2, cit. T.U.E è stata interpretata nel senso che per la confisca deve essere accertata non solo l’esistenza di una lottizzazione abusiva ma anche, quanto meno, un profilo di colpa nella condotta dei soggetti sul cui patrimonio la misura viene ad incidere. La confisca, una volta accertata la lottizzazione, può essere evitata dall’autore del reato o dai terzi acquirenti, solo se manchi una condotta dolosa o colposa (cfr per tutte cass n. 48924 del 2009).
Venendo all’ultima censura relativa alla deliberazione del Consiglio comunale saccense del 22 febbraio del 1999 con cui è stato approvato lo schema di massima del nuovo PRG destinando l’area in questione ad edilizia stagionale e/o ad attrezzature per il turismo, è ben vero che la confisca può essere evitata o, se già disposta, può essere revocata allorché l’autorità nell’esercizio legittimo del suo potere di governo del territorio deliberi di variare il piano territoriale con recupero urbanistico dell’area abusivamente realizzata, ma nella fattispecie la delibera anzidetta non è ancora stata approvata dall’organo competente e quindi non è definitiva. Di conseguenza non si può disporre la revoca della confisca sulla base di un piano di recupero che potrebbe non essere approvato. Alla stregua delle considerazioni svolte il ricorso va respinto.
P.Q.M.
La Corte:
Letto l’art. 616 c.p.p.;
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2010

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