AICA continua a comprare acqua da terzi, e per i Comuni “ribelli” l’acqua è cosa loro
PROVINCIA DI AGRIGENTO- Quante cose strane accadono con l’acqua, il prezioso bene pubblico ma che porta con sé carichi di anomalie. La consortile AICA acquista gran parte da terzi ad un costo che grava sulla collettività. Costo assai elevato. Nonostante “l’acqua pubblica” e la “gestione pubblica”, l’AICA continua ancora, a quasi un anno dalla sua costituzione (definita storica) ad essere dipendente da Siciliacque.
Nelle scorse settimane, con scientifico silenzio, l’ATI ha approvato uno schema di convenzione e di gestione del servizio idrico da parte dei Comuni in salvaguardia, cosiddetti “comuni ribelli”, che si rifiutarono di consegnare reti e fonti a Girgenti Acque.
Alcuni mesi fa hanno ottenuto Alessandria della Rocca, Bivona, Burgio, Cammarata, Cianciana, Menfi, Santa Margherita e Santo Stefano Quisquina) la gestione diretta da parte di un commissario regionale. Una gestione che è ancora sub iudice al rispetto di alcuni parametri che, al momento della firma i municipi non possedevano ancora o del tutto.
L’accordo regola “le attività necessarie alla gestione, promuovendo il progressivo miglioramento dello stato delle infrastrutture e delle qualità delle prestazioni erogate agli utenti” e che attribuisce alcune responsabilità ai comuni che dovranno svolgere il servizio in “solitaria”, garantendo manutenzioni e applicando le normative previste.
Ma l’ATI non dovrebbe garantire il controllo del rispetto degli aspetti connessi al servizio da parte dei comuni ex “ribelli”? E son il rispetto delle regole viene disatteso, l’ATI non dovrebbe eliminare il beneficio in questione?
Va ricordato che i Comuni in gestione autonoma dovrebbero garantire ad AICA le risorse idriche. Il Piano d’Ambito indica una voglia di collaborazione tra gli enti, ma oggi pare proprio che AICA stenta a predisporre gli atti necessari ad ottenere una parte dell’acqua emunta dai Comuni (le sorgenti, va comunque ricordato, sono pubbliche).
Filippo Cardinale