Agrigento Capitale Italiana della Cultura, le mire imperialiste di Micciché alla resa dei conti in Consiglio comunale
AGRIGENTO- Fino ad oggi, a cinque mesi dalla proclamazione di Agrigento a Capitale della Cultura 2025, abbiamo assistito allo scorrere del fiume con la dispersione dell’acqua in mare. Tempo prezioso, tempo infruttuoso. Siamo a 16 mesi dall’inizio del 2025, data che alza il sipario del prestigioso titolo conquistato da Agrigento.
Sedici mesi sono veloci come un lampo. C’è un colossale progetto da realizzare affinché il titolo Agrigento a Capitale della Cultura 2025 metta a frutto i benefici per l’intero territorio. Il sindaco Micciché dovrebbe evidenziare, col giallo forte, che il progetto presentato al Ministero ha la peculiarità di coinvolgere il territorio agrigentino tutto. A cominciare dalla porta dell’Europa, Lampedusa.
Il sindaco Micciché non può recitare la parte del film capolavoro di Giuseppe Tornatore, Nuovo Cinema Paradiso, quella in cui un attore girava per la piazza urlando “la piazza è mia, la piazza è mia”. No, Micciché non può girovagare ripetendo la sua immaginazione di proprietario della piazza. Il sindaco di Agrigento non è proprietario del progetto Agrigento a Capitale della Cultura poiché esso è patrimonio dell’intera comunità agrigentina, da est a ovest, da nord a sud. Qualcuno consigli al sindaco di Agrigento di iniettarsi una buona dose di modestia, umiltà. Ma anche una massiccia dose del dono dell’ascolto.
Cinque mesi per elaborare lo statuto, molto controverso, che adesso deve passare in Consiglio comunale. Uno statuto che ha evidenti sintomi della patologia della politichite acuta. Tutto, nella nostra provincia, rimane infettato dal virus della politica. Quella bassa, quella che va alla ricerca di collocazione di yesman, amici, amici degli amici.
Ora il contestato statuto, che prevede ciò che non dovrebbe, passa per il Consiglio comunale di Agrigento. Molti consiglieri comunali, sia della maggioranza che dell’opposizione, non sarebbero convinti del documento loro proposto dalla giunta. E come dargli torto?
Le osservazioni rispetto alla proposta che sarà portata in aula “Sollano” sono, da quanto trapela, le stesse fatte in altri contesti da altri enti: si parte con l’eccessivo potere conferito all’associazione “MeNo”, proseguendo con il fatto che il documento prevede l’individuazione esplicita delle figure apicali che dovranno gestire appalti e progetti. Tutti argomenti nell’ “arco” di chi lo statuto vuole modificarlo o bocciarlo, e in questo elenco rientrerebbero anche consiglieri di maggioranza preoccupati di presunti/possibili rischi di tipo amministrativo.
Ma c’è anche una proposta alternativa che prevede non la creazione di una nuova fondazione ma di utilizzare quella già operante “Pirandello”.
Rimane tutto per intero il tema economico. Per dare il via alla complessa macchina organizzativa serve denaro liquido, tanto. Un flusso di denaro che non è certamente sostenibile dagli enti pubblici. Bisogna coinvolgere i privati.
Lo statuto della fondazione deve essere approvato con il voto di tutti i soggetti fondatori (Comune di Agrigento, Ecua, Comune di Lampedusa) nella medesima forma. Basterebbe infatti una modifica per far ripartire tutto da capo.
E il tempo continua a scorrere infruttuosamente e si perde come l’acqua del fiume che sbocca in mare.
Filippo Cardinale