AEREI DELLA MORTE VOLANO SULLE NOSTRE TESTE. DA BIRGI QUASI IL 14% DEI BLITZ AEREI CONTRO OBIETTIVI LIBICI

Ospitiamo volentieri un articolo di Antonio Mazzeo, peace-researcher e giornalista impegnato nei temi della pace, della militarizzazione, dell’ambiente, dei diritti umani, della lotta alle criminalità mafiose. Ha pubblicato alcuni saggi sui conflitti nell’area mediterranea, sulla violazione dei diritti umani e più recentemente un volume sugli interessi criminali per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina (“I Padrini del Ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina”, Edizioni Alegre, Roma). Ha ricevuto il “Premio G. Bassani – Italia Nostra 2010” per il giornalismo.

NUOVI CACCIA E PERICOLO DRONI PER LO SCALO DI TRAPANI BIRGI di Antonio Mazzeo Torna a essere pienamente operativo a Trapani Birgi il 18° Gruppo caccia dell’Aeronautica militare. Conclusasi la consegna di otto velivoli Eurofighter Typhoon, il reparto potrà operare 24 ore su 24 nel servizio di sorveglianza dello spazio aereo nazionale e NATO e – come spiega lo Stato maggiore della difesa – rispondere prontamente alle “più impegnative attività di mantenimento della sicurezza nel bacino del Mediterraneo”.

“L’Aeronautica militare sta puntando molto sulla base di Trapani Birgi”, ha spiegato il generale di squadra aerea Tiziano Tosi. “Il 37° Stormo con il 18° Gruppo dovrà coltivare la capacità di supporto per tutti i velivoli da combattimento della Forza Armata, come già dimostrato nel 2011 durante le operazioni sulla Libia”. I velivoli da guerra opereranno dallo scalo siciliano “in supporto e come back-up” ai due stormi dell’Aeronautica – il 4° ed il 36°, rispettivamente di stanza a Grosseto e Gioia del Colle (Bari). L’ordine di decollo immediato (scramble) partirà dal Combined Air Operations Centre 5 (CAOC 5), uno dei cinque centri della NATO responsabile del comando e controllo delle operazioni aeree per l’Italia, i Balcani, l’Ungheria e la Slovenia, in coordinamento con il Comando Operazioni Aeree (COA) dell’Aeronautica militare, organismi che hanno sede nella base di Poggio Renatico (Ferrara). Protagonista dei futuri interventi bellici nel Mediterraneo, come abbiamo visto, sarà l’Eurofighter Typhoon, un caccia multiruolo di ultima generazione con ruolo primario di “superiorità aerea” e intercettore.

Si tratta del “più avanzato aereo da combattimento mai sviluppato in Europa, in grado di offrire capacità operative di ampio respiro e un’efficacia impareggiabile”, riporta il sito del ministero della difesa. Con una lunghezza di 16 metri e un’apertura alare di 11, il guerriero europeo può raggiungere la velocità massima di 2 mach (2.456 Km/h) e un’autonomia di volo di 3.700 km. Può essere armato di micidiali strumenti di morte: cannoni Mauser da 27 mm; bombe a caduta libera Paveway e Mk 82, 83 e 84 da 500 a 2.000 libbre e a guida GPS JDAM; missili aria-aria, aria-superficie e antinave a guida radar e infrarossa. Il caccia è stato realizzato dal consorzio industriale Eurofighter a cui partecipano la British Aerospace (con una quota del 37%), la tedesca DASA – DaimlerCrysler Aerospace (29%), l’italiana Alenia Aermacchi (20%) e la spagnola CASA (14%). L’azienda del gruppo Finmeccanica si occupa nello specifico dell’assemblaggio finale degli esemplari destinati all’Aeronautica italiana e della progettazione di alcune componenti, dei sistemi di alimentazione e navigazione, dell’armamento e della propulsione per tutti i velivoli. Originariamente il nostro paese pensava di acquistare 165 Typhoon, ma l’imprevista impennata dei suoi costi (il valore unitario oggi, senza sistemi d’armamento, è stimato a 63 milioni di euro circa) ha costretto al ridimensionamento del programma a 96 caccia. Tagli altrettanto gravosi sono stati decisi da tutti gli altri paesi che avevano ordinato il nuovo caccia multiruolo (Gran Bretagna, Germania e Spagna): dai 765 velivoli previsti si è passati a 472.

Il consorzio europeo ha evitato il flop grazie agli ordini dell’aeronautica militare austriaca (15 esemplari, ma è in corso a Vienna un’inchiesta per un presunto giro di bustarelle a funzionari locali) e dell’Arabia Saudita (72). Con i nuovi Eurofighter, il gruppo di volo di Trapani Birgi torna ad operare dopo quasi cinque mesi di inattività. Nel maggio 2012, infatti, erano stati restituiti agli Stati Uniti d’America gli ultimi cacciabombardieri F-16 Fighting Falcon, presi in leasing dall’Aeronautica militare nella primavera del 2003. Da allora è stato avviato un processo di riqualificazione professionale e di addestramento che ha interessato piloti e specialisti del reparto trapanese, in sinergia con le due basi di Grosseto e Gioia del Colle dove i Gruppi di volo sono dotati da tempo del caccia europeo.

A Birgi , il Genio dell’Aeronautica ha inoltre avviato un programma di ammodernamento di vari fabbricati militari, a cui è stata destinata la spesa di 708.000 euro. L’aeroporto “Vincenzo Florio” di Trapani Birgi, insieme a quelli di Cervia (Ravenna), Piacenza e Pantelleria è classificato come “scalo militare destinato al ruolo di Deployement Operating Base (DOB)”: mantiene cioè una presenza “minimale” per “sostenere rischieramenti temporanei” e pertanto “può essere aperto al traffico aereo civile a determinate condizioni”.

Oltre al 37° Stormo e al 18° Gruppo caccia, Birgi ospita l’82° Centro CSAR (Combat Search and Rescue), uno dei reparti del 15° Stormo CSAR di Cervia equipaggiato con gli elicotteri HH-3F, con compiti di ricerca e soccorso degli equipaggi di volo in difficoltà e dispersi in mare o in montagna, trasporto sanitario d’urgenza e soccorso di traumatizzati gravi. Dalla seconda metà degli anni Ottanta, Trapani Birgi è pure base operativa avanzata (FOB) degli aerei-radar E-3A AWACS nell’ambito del programma multinazionale NATO Airborne Early Warning Force per la sorveglianza integrata dello spazio aereo, il cui comando generale è ospitato a Geilenkirchen (Germania). Le altre FOB della componente di alto valore strategico dell’Alleanza sono Aktion (Grecia), Konya (Turchia) e Ørland (Norvegia). In ogni installazione operano una ventina di ufficiali provenienti da diversi paesi NATO. La base siciliana è stata una delle più utilizzate dalla coalizione internazionale per le operazioni di guerra in Libia, dal 19 marzo al 31 ottobre 2011.

Gli F-16 del 18° Gruppo hanno operato prima sotto il comando di US Africom (Odyssey Dawn) con compiti di “protezione e scorta delle missioni di soppressione delle difese aeree nemiche” e di “offensiva contro-aerea” e, successivamente con la NATO (Unified Protector), per la “protezione di aerei rifornitori ed AWACS, ricerca ed intercettazione di elicotteri e di aerei, implementazione della No Fly Zone, difesa aerea”. Da Birgi hanno pure operato gli Eurofighter del 4° Stormo di Grosseto e del 36° Stormo di Gioia del Colle, i cacciabombardieri Tornado IDS del 6° Stormo di Ghedi (Brescia) ed ECR del 50° Stormo di Piacenza e gli AMX del 32° Stormo di Amendola (Foggia) e del 51° Stormo di Istrana (Treviso). Nel corso delle operazioni, i velivoli dell’Aeronautica hanno sganciato in Libia più di 500 tra bombe e missili da crociera a lunga gittata. Dal Task Group Air Birgi è dipeso pure l’utilizzo degli aerei senza pilota Predator B schierati nello scalo pugliese di Amendola. Per tutto il corso del conflitto, a Trapani sono stati schierati infine sette caccia F-18 Hornet, due velivoli tanker C-150T e due CP-140 Aurora per la guerra elettronica delle forze armate canadesi, tre velivoli E-3A AWACS della NATO e due AWACS e due aerei da trasporto VC-10 Vickers britannici.

Dallo scalo siciliano sono transitati pure 300 aerei cargo e circa 2.000 tonnellate di materiale a disposizione della coalizione alleata. Stando alle stime ufficiali, la NATO avrebbe lanciato da Trapani quasi il 14% dei blitz aerei contro obiettivi libici. Un vero primato di morte. La guerra in Libia ha comportato per un lungo periodo lo stop del traffico aereo civile con effetti devastanti sull’economia e l’occupazione di parte della Sicilia occidentale. Dopo una progressiva ripresa delle attività delle compagnie aeree, dall’1 giugno 2012 lo scalo trapanese è tornato a subire fortemente la pressione militare. Stavolta i disagi e le limitazioni al traffico non sono dovute agli scramble dei caccia italiani o alle evoluzioni degli AWACS NATO ma alle missioni top secret degli aerei senza pilota delle forze armate USA schierati nella stazione aeronave di Sigonella (Global Hawk, Predator e Reaper).

Con l’emissione di specifiche notificazioni ai piloti di aeromobili (NOTAM) in transito dallo scalo trapanese, è stato imposto, prima sino al 28 novembre, poi in proroga sino al 25 febbraio 2013, la sospensione delle procedure strumentali standard nelle fasi di accesso, partenza e arrivo degli aerei. I NOTAM, gli ultimi distinti rispettivamente con i codici B8349, B8350 e B8351, specificano che le sospensioni sono dovute all’“attività degli Unmanned Aircraft”, i famigerati droni utilizzati per le operazioni di spionaggio, la guida di attacchi aerei e il lancio di bombe teleguidate e missili. Con l’esplosione del conflitto in Siria, i venti di guerra anti-Iran e le nuove tensioni interne in Libia e Corno d’Africa, l’US Air Force e l’US Navy hanno intensificato le missioni e i raid dei velivoli a guida remota, confermando il ruolo di Sigonella di “capitale mondiale dei droni”, come eufemisticamente dichiarato dal Pentagono.

A pagare le conseguenze della ipermilitarizzazione dello spazio aereo regionale, tutta la popolazione siciliana. Limitazione del diritto di mobilità e rischi elevati di incidenti aerei sono l’insostenibile prezzo di scelte geostrategiche prese a Washington e a cui nessuno governo a Roma riesce a dire No.

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