Acqua, papocchio agrigentino. L’unicità dell’Ambito fatta a spezzatino con 11 gestori e i rischio di perdere fondi del PNRR

PROVINCIA DI AGRIGENTO- La provincia agrigentina si distingue sempre. Purtroppo per episodi negativi. Più che episodi, sono farse che non fanno ridere, ma peggiorano sempre più lo stato di precarietà della nostra provincia dove la classe politica costringe i cittadini a vivere una qualità di vita a livelli di terzo mondo.

L’unicità dell’Ambito è stata trasformata in spezzatino all’insegna dell’egoismo, del campanilismo, del disprezzo verso il significato vero di pubblico, ovvero la considerazione dell’intera collettività. Uno spezzatino messo in pentola anche e soprattutto con la complicità di chi ha il compito di vigilare, a vari livelli. Ma la nostra provincia è terra di nessuno, è un Far West senza regole.

E così, in barba all’unicità d’Ambito, sono sorti ben 11 gestori: Aica, gli 8 comuni che non avevano consegnato le reti disattendendo la legge, Alessandria della Roca, Cianciana, Cammarata, Menfi, Burgio, Bivona, Santa Margherita Belìce, Santo Stefano Quisquina. A questi 8 si sono aggiunti i Comuni di Lampedusa e Camastra.

Dopo la presa d’atto del commissario regionale ad acta di alcuni mesi fa, l’approvazione è arrivata da parte dei sindaci dell’Ati, che il 25 novembre hanno ratificato il provvedimento riconoscendo il diritto a Alessandria della Rocca, Bivona, Burgio, Camma-rata, Cianciana, Menfi, Santa Margherita Belìce, Santo Stefano Quisquina ai sensi dell’art. 147 comma 2bis del Dlgs 152/2006. Questo articolo richiede che “le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico”.

Requisiti che però non tutti hanno, e che, soprattutto, non avevano quando decisero di trattenere a sé le reti e che hanno continuato a non avere negli anni successivi.

Basta leggere le lettere del 6 aprile 2020 inviate dall’Ati Ag ai Comuni “ribelli”. Ad esempio, per quanto riguarda le tariffe applicate, nelle lettere inviate al Comune di Alessandria della Rocca di evidenzia che “è dotato di tariffazione forfettaria e non a misura, quindi non risulta un’articolazione tariffaria approvata dall’ARERA”. Stessa chiosa per il Comune di Cianciana, Comune di Cammarata, Comune di Menfi, Comune di Burgio, Comune di Bivona, Comune di Santa margherita Belìce (vi è anche la chiosa che le utenze idriche non sono dotate tutte di misuratore di portata). Per quanto riguarda il Comune di Santo Stefano Quisquina, l’Ati evidenzia che la tariffazione è stata approvata dal Consiglio comunale n. 30 del 12 aprile 2019.

E così, anziché una tariffa unica per tutti gli agrigentini, si è esaltata una giungla dove ognuno fa per sé.

La stessa Ati a questi otto comuni, nel 2019 ha dato 18 mesi di tempo per “mettersi in regola” con i requisiti richiesti dall’art. 147. Una sorta di “ammissione con riserva” che lasciò molti dubbi dato che la legge pare abbastanza chiara, così come lo sembra il suo spirito: tutelare le gestioni d’eccellenza sottraendole al rischio di una privatizzazione. Vennero così elargiti 18 mesi di tempo per costruire, ad esempio, i depuratori.

Alcuni Comuni, come Cammarata, risultano in procedura di infrazione comunitaria in quanto il refluo prodotto non risulta conforme alla direttiva comunitaria “perché – si legge nella delibera dell’Ati dell’ottobre 2019 – tutto il carico generato non riceve un adeguato trattamento secondario”.

Altri, Burgio, Bivona, Santo Stefano Quisquina, attendono che la Regione finanzi il progetto per la realizzazione dell’impianto di depurazione. I restanti, invece, dovevano dotare le utenze di misuratori di portata e dotarsi di una tariffa a misura e non forfettaria.

Diciotto mesi di tempo per costruire, deliberare, istallare. Quanto richiesto è stato fatto? Al momento di certificare lo stato di avanzamento, sono stati gli stessi Comuni a limitarsi a presentare una propria  documentazione. Il presidente dell’Ati Francesca Valenti, in una recente intervista, spiega non essere stata sottoposta a successivo vaglio da parte degli uffici.

Tutto è demandato alla stampa, con la possibilità poi di additarla come “nemica” di qualcuno o “amica” di qualcun altro, in base alla convenienza. La stampa scrive, altri si limitano solo a voltare gli occhi in altra parte, facendo finta di non vedere.

C’è una voce nel deserto, quella del sindaco di Licata. “Siamo in pace con la nostra coscienza e se perdiamo la possibilità di realizzare i progetti perché abbiamo perso i finanziamenti, che vanno verso una normalizzazione del servizio idrico, i cittadini dell’ambito sanno già da ora a chi chiedere conto e ragione”.

Il sindaco di Licata ha sempre detto ciò che altri tentano di nascondere. Anche l’ex assessore Pierabon aveva visto bene…lo hanno fatto fuori. Aveva ragione e andava allontanato. Così fu.

Filippo Cardinale