UN NO DELLA SOPRINTENDENZA FA SALTARE INVESTIMENTO DI 25 MLN DI EURO E 100 POSTI DI LAVORO
Dopo qualche anno di attesa da parte dell’azienda trevigiana, arriva il no della Sovrintendenza di Enna che ha bocciato il progetto della Fassa Bortolo, l’azienda che intendeva aprire una cava di calcare per uso industriale in contrada Santa Nicolella. Area in zona degradata che già in passato fu una cava, dismessa da 30 anni. A rischio serio, dunque, un investimento da 25 milioni di euro, con un potenziale dichiarato di cento posti di lavoro (tra dipendenti e indotto) nel cuore di una provincia con il più alto tasso di disoccupazione d’Italia.
La Sovrintendenza ha emesso un provvedimento di «diniego dell’autorizzazione» perché il parere paesaggistico è negativo. Un pronunciamento vincolante per l’iter dell’impresa leader nel settore dei prodotti per l’edilizia che si era rivolta al distretto minerario di Caltanissetta. L’obiettivo, dopo aver ricevuto il via libera, era quello di ultimare l’acquisizione dell’area.
Il motivo è la presenza, in un sito esteso per circa quattro ettari, di «resti di età neolitica ed eneolitica, di un centro indigeno ellenizzato e di una necropoli». Si tratterebbe di un «esteso complesso archeologico pluristratificato, da tutelare e salvaguardare in forma contestualizzata, mediante l’integrale mantenimento del sito, ricadente in un’area più ampia, già sottoposta a vincolo paesaggistico». Nell’atto di diniego, un documento di 5 pagine firmato dal dirigente dell’unità operativa per i beni paesaggistici e demoetnoantropologici Piero Gurgone e dal soprintendente Salvatore Gueli, si fa presente che l’ufficio sta per inoltrare all’assessorato regionale ai Beni culturali e ambientali la proposta di «dichiarazione di interesse culturale e assoggettamento a tutela dell’area». Per la Sovrintendenza, in sostanza, la «tutela dell’antico sito scoperto» sarebbe incompatibile con «l’attività estrattiva nella cava». Il parere negativo si basa dunque sul fatto che i lavori comporterebbero «il radicale e complessivo sconvolgimento dell’assetto geomorfologico dell’area archeologica».
Non tutto è perduto, per l’impresa, che tecnicamente potrebbe ricorrere entro 30 giorni all’assessorato o presentare ricorso giurisdizionale entro 60 giorni. Ma non è detto che il titolare dell’impresa Paolo Fassa, il quale la settimana scorsa si era detto «amareggiato» e aveva minacciato la rinuncia al progetto, se la situazione non si fosse sbloccata in tempi brevi – per lasciare sull’isola «solo gli avvocati», al fine di avviare un’azione giudiziaria nei confronti degli enti che hanno rallentato il progetto – deciderà di continuare a investire tempo e risorse in terra sicula.
«È dal 2013 che aspettiamo – aveva sottolineato -. Noi siamo disposti a investire in questa Regione, ad assumere lavoratori ma ce lo impediscono. O meglio la burocrazia lo impedisce. Questa assurda babele di norme che trasforma l’entusiasmo e la voglia di lavorare in una odissea senza fine».