SACCHETTI A PAGAMENTO. PER LEGAMBIENTE “POLEMICHE INCOMPRENSIBILI”

Sui nuovi sacchetti biodegradabili e compostabili a pagamento, utilizzati per gli alimenti e obbligatori dal 1 gennaio 2018, circolano «troppe bufale e inesattezze». Lo afferma Legambiente, nel ribadire che invece “fanno bene all’ambiente e aiutano a contrastare il problema dell’inquinamento da plastica”.

In particolare, Legambiente punta il dito contro due “bugie”: che sia una «tassa occulta» e che favorisca il monopolio di Novamont, azienda a cui si deve l’invenzione di Mater-Bi, famiglia di bioplastiche biodegradabili e compostabili. 
«Da sempre i cittadini pagano in modo invisibile gli imballaggi che acquistano con i prodotti alimentari, solo che dal 1/o gennaio il prezzo è visibile e presente sullo scontrino», spiega l’associazione ambientalista, aggiungendo che in Italia si possono acquistare bioplastiche da almeno una decina di aziende. Tuttavia, Legambiente rileva che «tra le principali aziende della chimica verde, una volta tanto l’Italia ha una leadership mondiale sul tema, grazie ad una società che è stata la prima 30 anni fa a investire in questo settore, e che negli ultimi 10 anni ha permesso di far riaprire impianti chiusi, riconvertendoli a filiere che producono biopolimeri innovativi che riducono l’inquinamento da plastica».

Quanto all’utilizzo dei sacchetti monouso, Legambiente spiega che «è un problema che si può superare semplicemente con una circolare ministeriale, che permetta in modo chiaro, a chi vende frutta e verdura, di far usare sacchetti riutilizzabili, come ad esempio le retine, pratica già in uso nel nord Europa».

Nel definire queste polemiche «incomprensibili», Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente, osserva che «sarebbe utile che ci si preoccupasse dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento causato dalle plastiche non gestite correttamente, e che si accettassero soluzioni tecnologiche e produttive che contribuiscono a risolvere questi problemi, senza lasciarsi andare a polemiche da campagna elettorale, di cui non se ne sente il bisogno».