QUALE ALTERNATIVA AD ALTERNATIVA? PER GLI ALFANIANI UN “LIBERI TUTTI”

La scelta di Angelino Alfano, del leader di Alternativa Popolare e ministro dal 2008, di dedicare più tempo alla famiglia e di non ricandidarsi alle prossime elezioni, spiazza, ovviamente, quanti nel partito del 3% (ora ridotto all’1,5%) hanno militato e riponevano i progetti futuri.

A Sciacca, città governata negli ultimi cinque dalla maggioranza , espressione dell’alfanismo fidelizzato, la scelta di Angelino incide pesantemente. Ha un riflesso pesante perché c’è la presenza del senatore Giuseppe Marinello, pesante perché c’è l’ex sindaco Fabrizio Di Paola, pesante per tutto il nutrito gruppo di politici locali.

Ognuno aveva immaginato il futuro ben diverso da quello presentato dal ritiro di Angelino Alfano, ben diverso dall’esito elettorale, disastroso, sancito con le ultime elezioni regionali. Uno tsunami che ha spazzato tutto e non ha consentito l’ingresso di manco un deputato all’Assemblea regionale siciliana. Anzi, ha spazzato  via quelli che c’erano, iniziando con l’agrigentino Enzo Fontana.

Il risultato elettorale di novembre aveva già aperto una seria riflessione all’interno degli alfaniani saccensi. Da Fabrizio Di Paola a Ignazio Bivona, da Salvatore Monte a Giuseppe Milioti (quest’ultimo fu l’unico a mettere la propria faccia in televisione dopo la sconfitta elettorale), passando, ovviamente per Calogero Filippo Bono fino a coinvolgere quanti avevano il riferimento nel più volte ministro. L’alleanza con il PD, l’essere considerati di centrosinistra, ormai era diventato un peso insopportabile. Alleati del PD a Palermo e a Roma, qui a Sciacca, ha significato rappresentare il bersaglio delle critiche e degli attacchi proprio dal partito di Renzi, fino all’onta dello slogan #maipiùcinqueannicosì usato in campagna elettorale contro l’ex maggioranza e amministrazione comunale guidata da Di Paola. Tutti gli alfaniani saccensi hanno una radice che affonda non certo nel terreno della sinistra.

Di recente, Fabrizio Di Paola, Ignazio Bivona e Salvatore Monte, padri della lista Sciacca al Centro, hanno ridato linfa al movimento civico creato. Non a caso l’assemblea programmatica organizzata lo scorso 4 dicembre. Un segnale, questo, di evidente riflessione su cosa fare dopo i segnali di sfaldamento che giungevano da Alternativa Popolare di Angelino Alfano. Un partito che già aveva visto, e continua a vedere, la fuga di noti esponenti siciliani della politica, un partito che già a Roma manifestava, e manifesta, cedimenti, fibrillazioni, fughe.

L’ex delfino di Silvio Berlusconi, proiettato ad alti livelli dall’uomo di Arcore, si defilò da chi lo aveva creato immaginando di navigare da solo in mare aperto, fondando dapprima l’NCD, poi mutandolo in Alternativa Popolare. Era convinto che potesse divenire il polo aggregatore di “uno spazio enorme al centro”, la bussola dell’area moderata. Ma i moderati d’Italia non hanno mai considerato Angelino Alfano la stella polare da seguire e il suo consenso è rimasto sempre con percentuali bassissime. Basta pensare cosa disse l’ex premier Matteo Renzi: “se dopo essere stato sempre ministro non riesci a raggiungere il quorum necessario per accedere in Parlamento….” Una considerazione più che giusta, anche se proviene da un politico che sta assottigliando il PD.

La scelta di Angelino Alfano, di “riprendersi un po’ di spazio fuori dal palazzo del potere da dedicare alla famiglia”, è, senza dubbio, personale. Ma resta il fatto che dà la sensazione di un comportamento schettiniano. Alfano non è un semplice parlamentare, è un leader di partito. Un capo partito che ha coinvolto tanti “fedeli” nel suo cammino politico, nelle sue scelte. Un capo non lascia i suoi allo sbando, comunicando la scelta nel salotto di Porta a Porta di Bruno Vespa.

La nostra provincia, la sua provincia, ha avuto l’occasione, per 9 anni, di avere con Alfano il ministro della Giustizia, quello dell’Interno, quello degli Esteri. Ha avuto con Alfano, uomo di spessore nei vari governi nazionali che si sono succeduti, iniziando dal centrodestra di Berlusconi e finendo col centrosinistra di Matteo Renzi.

Ma, la provincia di Agrigento è rimasta saldamente agli ultimi posti delle graduatorie economiche e sociali. E’ rimasta una provincia senza infrastrutture, una provincia povera, una provincia in cui si fa fatica anche a sperare in un futuro migliore. Una provincia che ha perso tante occasioni. E pensare che Angelino Alfano ha avuto più ministeri di peso di quanto non li abbia avuto Lillo Mannino.

Da questo punto di vista, molto probabilmente “il riposo del guerriero” non si noterà, né gli agrigentini si accorgeranno che non brillerà la stella polare che Alfano immaginava di essere. Certamente, noteranno la caduta di una stella, quella che brillava di luce riflessa che proveniva da Arcore.

Filippo Cardinale